In un’Italia gastronomicamente frastagliata ma sempre più interconnessa, la pizza non è più soltanto un simbolo popolare, ma un terreno di sperimentazione, racconto e cultura condivisa. Lo dimostra il progetto “Itinerario di Pizza”, appena concluso con la terza e ultima tappa a Milano presso Biga, una delle insegne più interessanti del panorama contemporaneo. Un ciclo di tre appuntamenti – tra Napoli, Pistoia e il capoluogo lombardo – che ha visto protagonisti tre talenti in ascesa: Simone Nicolosi, resident di Biga Milano, Antonio Conza (Maturazioni, Ottaviano) e Manuel Maiorano (La Fenice, Pistoia).
Tre serate a sei mani, pensate come vere e proprie jam session gastronomiche, che hanno unito territori, filosofie, stili di impasto e storytelling culinari differenti, sotto un’unica bandiera: quella della pizza d’autore. Non solo un format, ma un vero esperimento di sinergia tra Nord, Centro e Sud, in cui la convivialità è diventata piattaforma creativa.

Un’Italia che lievita
Ill viaggio ha preso il via da Maturazioni, in Campania, culla indiscussa della pizza e punto di riferimento social per il suo approccio comunicativo fresco e nomade. È poi approdato a La Fenice di Pistoia, raffinata realtà toscana che fonde fermentazioni e pairing con un’estetica da bistrot evoluto. E infine è arrivato da Biga Milano, punto fermo del quartiere Isola, che ha saputo distinguersi anche per l’eccellenza del gluten free, tanto da ottenere la certificazione AIC e diversi riconoscimenti di settore.
In ogni tappa, un menù degustazione a cinque portate (a un prezzo accessibile: 35 euro, con wine pairing opzionale) ha portato in tavola non solo pizze signature, ma creazioni inedite nate dall’incontro tra mani diverse. “La pizza ha il potere di unire”, hanno dichiarato i tre chef, che hanno scelto di spostarsi fisicamente e idealmente nelle pizzerie l’uno dell’altro, costruendo un ponte tra esperienze, territori e pubblici.


L’evoluzione della pizza: non solo impasto
Negli ultimi dieci anni, la pizza è passata da comfort food a oggetto di culto. Dai forni delle storiche pizzerie napoletane alle sale minimal di Tokyo e Brooklyn, il prodotto è mutato in forma, consistenza e visione. Sempre più spesso dialoga con l’alta cucina, si abbina a cocktail, si impasta con farine alternative, si serve in degustazione. “Itinerario di Pizza” si inserisce proprio in questa traiettoria: racconta un’Italia che non ha paura di innovare pur restando profondamente identitaria.
Esemplare il lavoro di Antonio Conza e Gabriella Esposito, che con Maturazioni hanno fatto del loro progetto un marchio itinerante, tra pop-up, consulenze e storytelling sui social. O ancora quello di Maiorano, entrato nella prestigiosa classifica 50 Top Pizza Italia e selezionato da Identità Golose per il suo mix tra pizza e cocktail. Infine Nicolosi, che con Biga rappresenta un caso virtuoso di attenzione all’inclusività alimentare e ricerca tecnica: premiato come Rivelazione dell’anno da “Pizza & Cocktail d’Autore”, ha saputo coniugare artigianalità e sperimentazione anche nel segmento gluten free, spesso trascurato dall’alta pizzeria.

Un format che parla al futuro
“Itinerario di Pizza” ha il merito di aver portato una narrazione diversa della pizza: non più solo geograficamente polarizzata (Napoli al centro, il resto a seguire), ma finalmente multipolare. E soprattutto relazionale. Il progetto parla a un pubblico giovane, curioso, attento alla qualità e alla narrazione del cibo tanto quanto al gusto. In questo senso, il format ricorda le residenze artistiche del mondo dell’arte contemporanea o i DJ set collaborativi della musica elettronica: contesti dove l’identità individuale si fonde in un’esperienza collettiva, generando ibridazione e sorpresa.
Non è un caso che questo progetto si sia chiuso a Milano, città che più di ogni altra rappresenta oggi un laboratorio gastronomico aperto alle contaminazioni. E non è un caso che i suoi protagonisti siano giovani, digitali, capaci di muoversi tra un forno e una community.
“Itinerario di Pizza” potrebbe essere solo l’inizio di una nuova geografia gastronomica italiana. Una geografia che non si misura solo in chilometri o tradizioni, ma in idee, collaborazioni e fermenti creativi. Perché, in fondo, come l’impasto, anche l’identità della nuova pizza italiana è viva, in continua lievitazione.