Bais presenta “Radical Pop”, il nuovo album manifesto di un’intera generazione

Dodici canzoni che danno voce a temi universali come il tempo che sfugge e la perdita e continua ricerca di sé. Con uno stile che alterna poesia ed ironia, l'artista riesce a restituire un ritratto autentico e personale dei nostri giorni

Luca Zambelli Bais, in arte Bais, è un cantautore e polistrumentista originario di Bassano del Grappa ma milanese d’adozione. La sua carriera musicale inizia nel 2020 col l’EP Apnea, una perfetta fusione tra pop, R&B e sonorità alternative. Interessato ad esplorare il dualismo del suo essere artista, diviso tra una vena pop più accessibile e una dimensione più intima e sperimentale, nel 2021 pubblica il concept album DIVISO DUE, mentre a consolidare ulteriormente il suo ruolo nella scena musicale italiana contribuisce la partecipazione a Sanremo Giovani. A marzo 2023, dopo i singoli Vuoto Bestiale e Venezia, Bais pubblica il suo secondo album DISCO DUE, dimostrando ancora una volta come la sua musica sia alla continua ricerca di sperimentazione, sia sonora che stilistica, spaziando tra generi e atmosfere.

L’11 aprile Bais è tornato sulla scena musicale con un nuovo disco intitolato RADICAL POP e composto da dodici tracce che parlano di temi universali come il tempo che sfugge, l’ansia generazionale e la perdita e continua ricerca di sé. «Radical Pop è la colonna sonora di un club che non esiste – ha spiegato il cantante – il manifesto di una generazione che balla con le tasche vuote, la testa pesante e il cuore pieno di messaggi non inviati» Anticipato dai singoli 2024, Parole Piccole e Serpenti, questo progetto è il risultato della collaborazione con il produttore Carlo Corbellini (Post Nebbia).

Bais
Bais, ph. Matteo Strocchia

«All’epoca ascoltavo quasi solo musica internazionale. […] Negli anni ho riscoperto la musica italiana, i cantautori, anche della contemporaneità»

Quando e dove nasce la tua passione per la musica? Negli anni, pensi che la città di Milano abbia influenzato la tua scrittura? 

La mia passione per la musica è nata in terza media, uno dei miei migliori amici suonava Holiday dei Green Day con la chitarra. Mi ha incuriosito e ho iniziato a prendere lezioni. Come molti, ho cominciato con i Pink Floyd. Milano ha sicuramente influenzato il mio modo di scrivere: i luoghi che vivo, le persone che incontro, tutto entra nella musica.

Nel 2020 hai presentato il tuo EP di esordio Apnea, un mix tra pop, R&B e sonorità alternative. Cosa ti ha spinto ad esplorare questi generi musicali sin dall’inizio della tua carriera?

Il mio primo EP è stato il primo esperimento in italiano. Prima avevo un gruppo con cui scrivevamo in inglese. All’epoca ascoltavo quasi solo musica internazionale, quindi l’R&B  e certe sonorità sono nate da quegli ascolti. Negli anni ho riscoperto la musica italiana, i cantautori, anche della contemporaneità.

Come hai vissuto la partecipazione a Sanremo Giovani? Cosa consiglieresti a chi vorrebbe partecipare al Festival?

Sanremo Giovani l’ho vissuto con leggerezza, ma anche con serietà. Non avevo grandi aspettative, ma ero determinato ad andarci con una canzone di cui fossi davvero fiero. L’unico consiglio che mi sento di dare è questo: andateci con un brano che starebbe bene nel vostro disco, anche se non dovesse passare dal Festival.

Nel 2023 hai pubblicato l’album DISCO DUE. Come nasce questo progetto? Esiste una continuità rispetto al percorso musicale iniziato anni prima con DIVISO DUE (2021)?

Disco Due è il seguito naturale di Diviso Due, che era nato come un concept album. Entrambi i progetti ruotano attorno all’idea della dualità, che è un tema ricorrente nella mia vita: due case, due città, due punti di vista. Ho bisogno di spostarmi per non fossilizzarmi, per rinnovare il mio sguardo sulle cose.

«Per me ogni nuovo progetto è un’occasione per imparare a scrivere in modo più personale, esplorando direzioni nuove e inaspettate»

Parliamo del tuo nuovo album Radical Pop. In che momento della tua vita nasce il desiderio di scriverlo? Ripensando invece ai tuoi lavori precedenti, pensi che ci sia stata un’evoluzione?

Ho cominciato a scrivere Radical Pop due anni fa, anche se alcune canzoni risalgono a un periodo precedente. Sì, penso che ci sia stata un’evoluzione rispetto ai dischi precedenti, o almeno lo spero. Per me ogni nuovo progetto è un’occasione per imparare a scrivere in modo più personale, esplorando direzioni nuove e inaspettate. Questo disco, in particolare, mi ha sorpreso in positivo.

Hai scelto l’immagine di “un club che non esiste” per descrivere a parole l’atmosfera del tuo nuovo album. Come questa visione si riflette a livello di scrittura e di suono?

Scrittura e suono, in questo disco, vanno di pari passo. È un lavoro molto astratto ma anche molto terreno, urbano, sotterraneo. L’immagine del “club che non esiste” mi sembrava una buona metafora per descrivere questa atmosfera distopica, ma al tempo stesso accogliente, quasi un luogo immaginario dove ritrovarsi.

Nel brano Serpenti affronti il tema del cambiamento scrivendo: “Forse lo sai già che non sarà più come prima”. Perché hai scelto di inserirlo come prima traccia dell’album, e come vivi il cambiamento?

Ho scelto Serpenti come prima traccia proprio per la frase “Forse lo sai già che non sarà più come prima”. È un modo per dire: da qui in poi, qualcosa cambia. Il cambiamento lo vivo in modo ambivalente, da un lato mi entusiasma, dall’altro mi spaventa. Soprattutto ho paura del futuro, che non vedo particolarmente luminoso. Credo che quest’ansia, anche se in modo inconscio, attraversi tutto il disco.

Parole Piccole affronta il tema delle “conversazioni di circostanza”, ovvero quei dialoghi superficiali che riempiono solo apparentemente i vuoti esistenziali. A cosa ti sei ispirato per scriverle questo testo, e come affronti questi momenti nella vita di tutti i giorni?

Parole piccole è nata un po’ per gioco tra cinque amici trentenni. Uno di noi ha detto: «Perché non scriviamo una canzone sugli small talks, le conversazioni di circostanza?». Da lì il brano si è sviluppato, toccando anche temi più profondi, esistenziali, ma sempre con un tono surreale e leggero.

Con Silicone hai voluto parlare in modo ironico del tempo perso davanti agli smartphones. Quanto la scena musicale pensi che sia influenzata o condizionata dalle dinamiche social?

Non credo che la musica sia davvero influenzata dai social, almeno non la mia. Ma sicuramente lo siamo noi, come persone. Chi fa musica oggi è costretto a usare i social anche in modo professionale, e spesso la linea tra lavoro e vita privata si sfuma. È faticoso. Trovo ridicolo e limitante scrivere pensando a come funzionerà una canzone sui social: la musica dovrebbe restare libera, non rinchiusa in un contenitore.

In quanto artista che si muove tra più generi, come vivi l’idea di essere “etichettato” a livello musicale? Oggi ti senti più libero di sperimentare rispetto agli inizi? 

Non ho mai amato le etichette. Quando mi chiedono che musica faccio, faccio fatica a rispondere. Il titolo Radical Pop è nato anche per questo: per dare un nome a quello che faccio. Non credo di essere più libero di un tempo, mi sono sempre sentito libero. Ma questo disco è la cosa più importante che ho fatto finora, e ne vado molto fiero.

Guardando invece al futuro, quali sono i tuoi progetti?

Il mio progetto più immediato è portare Radical Pop in giro, suonarlo dal vivo, incontrare il pubblico. Voglio far vivere questo disco e farlo arrivare a più persone possibile.