Si è appena conclusa la quarta edizione del Garofano Rosso Film Festival, che si conferma come uno degli eventi culturali più significativi per la promozione del cinema indipendente e delle tematiche legate alla marginalità sociale, all’inclusione e alla parità di genere. Con una ricca programmazione di film in concorso, talk tematici e proiezioni all’aperto, la kermesse ha trasformato il borgo di Forme di Massa d’Albe in un crocevia di narrazioni cinematografiche dai margini. Next Gen Magazine, media partner dell’evento, ha intervistato Valentina Traini, direttrice artistica del festival, per un bilancio su questa edizione da record e uno sguardo verso il futuro di una manifestazione che continua a crescere e innovarsi.

«Si parla di migrazioni, di parità di genere, di queerness, di grottesco, cercando di privilegiare sempre la ricerca e l’originalità linguistica e dando spazio a prodotti che faticano a trovare spazio in altri circuiti»
Come valuta l’edizione appena conclusa del Garofano Rosso Film Festival?
È stata un’edizione da record in termini di partecipazione, che ha sicuramente superato ogni mia aspettativa. Il pubblico ha seguito tutte le serate con grande costanza ed entusiasmo, ma la cosa che più mi soddisfa è il feedback assolutamente positivo ricevuto da ogni ospite che ha visitato il nostro borgo durante la settimana del festival. Tutti hanno percepito l’incredibile lavoro di cura che l’organizzazione porta avanti per fare in modo che gli autori siano al centro dell’iniziativa.
Quali sono stati i criteri principali per la selezione dei film quest’anno?
Il lavoro di selezione è sempre più complesso ed è gestito in maniera superba dalla nostra Mariadiletta Coco. La qualità che riscontriamo è in costante crescita e il ragionamento alla base è prima di tutto l’aderenza tematica alle sezioni, che rappresentano la nostra riflessione alla base del concetto di “margini”. Si parla quindi di migrazioni, di parità di genere, di queerness, di grottesco, cercando di privilegiare sempre la ricerca e l’originalità linguistica e dando spazio a prodotti che faticano a trovare spazio in altri circuiti.
«Vogliamo che il Garofano Rosso Film Festival diventi un punto di riferimento per un territorio sempre più vasto»
Quali sono le priorità principali quando si tratta di organizzare un evento culturale di questa portata?
La nostra priorità principale, per un evento che prende vita in un piccolo borgo degli Appennini interni, è coinvolgere l’intera comunità in un processo decisionale realmente partecipativo.
L’idea stessa di focalizzarsi su determinate tematiche nasce dalla volontà di renderle accessibili, offrendo così un’esperienza culturale di alta qualità a una parte di cittadinanza che spesso ha limitato accesso, specialmente quando si tratta di cinema indipendente. Vogliamo che questo festival diventi un punto di riferimento per un territorio sempre più vasto.
Come vede l’espansione del festival nei prossimi anni? Ci sono piani per includere nuovi formati, tecnologie o eventi?
Il festival si distingue già per alcune particolarità. Una delle principali è l’inclusione di momenti di riflessione condivisa, sotto forma di talk pomeridiani che vedono la partecipazione di relatori di spicco sui temi proposti. La nostra intenzione è quella di arricchire sempre di più questo aspetto, offrendo riflessioni sempre più profonde, senza trascurare poi uno spazio adeguato per altre forme di arti visive. Ogni anno, il Garofano Rosso sceglie di dare risalto alla visione di un artista, e vorrei espandere ulteriormente questo aspetto, dedicando maggiore attenzione a espressioni artistiche come la pittura, la fotografia e la scultura. Inoltre, abbiamo una categoria di concorso dedicata ai video musicali, che ogni anno concorrono per il Premio Matteo Costa Romagnoli, intitolato al fondatore dell’etichetta discografica indipendente Garrincha Dischi, scomparso prematuramente lo scorso anno. La volontà è quella di dare sempre più risalto a questa categoria.

«Il cortometraggio offre agli autori una straordinaria libertà espressiva, permettendo di sperimentare senza le limitazioni che il mercato e l’industria cinematografica impongono»
Quali sono le sue riflessioni sull’evoluzione della cultura cinematografica contemporanea e su come il Garofano Rosso Film Festival possa contribuire a questa evoluzione?
Vorrei circoscrivere la mia riflessione al formato del cortometraggio, che rappresenta il fulcro del nostro festival. È spesso trascurato per le difficoltà distributive e trova spazio quasi esclusivamente nei circuiti festivalieri, il che è un vero peccato. Il cortometraggio offre agli autori una straordinaria libertà espressiva, permettendo di sperimentare senza le limitazioni che il mercato e l’industria cinematografica impongono. Non dovrebbe essere visto semplicemente come un punto di partenza per la carriera di un regista, ma piuttosto come una forma d’arte autonoma e un rifugio creativo, dove è possibile esplorare idee e narrazioni con una libertà che altrove sarebbe impensabile. Come dicevo in precedenza, in soli quattro anni di lavoro abbiamo potuto riscontrare una crescita qualitativa importante, quindi credo che sia importantissimo continuare a dare spazio a questo formato, supportando gli autori ed incoraggiandoli a proporci lavori sempre più interessanti.
Qual è stato il film che l’ha più colpita durante questa edizione del festival e perché?
Mi sono molto affezionata a un film, che ha ricevuto il premio di sezione “Afterword” ovvero la sezione dedicata alla trattazione del tema della morte e la perdita: Au revoir, Melograno di Giacomo Pedrotti. È un racconto molto delicato ed originale, che descrive benissimo il processo trasformativo del lutto e stimola una riflessione profonda sulla necessità di “lasciar andare” chi amiamo ma abbiamo perso, per provare a ricominciare.