Lucio Provenza, giovane attore di Battipaglia, è una delle voci emergenti che stanno dando nuova linfa al panorama cinematografico e televisivo italiano. Dalla passione per la recitazione, coltivata sin dall’infanzia grazie al nonno attore, Provenza ha saputo trasformare l’eredità familiare in un viaggio personale e professionale ricco di sfide e soddisfazioni. Con ruoli in produzioni di rilievo come la celebre serie L’Amica Geniale, dove interpreta Peppe Greco, e la partecipazione al film Napoli New York diretto dal premio Oscar Gabriele Salvatores, l’attore mostra una versatilità e un’intensità che non passano inosservate.
In questa intervista, Provenza racconta i momenti più significativi della sua carriera: dalle prime esperienze sul palcoscenico locale all’ansia e l’euforia di lavorare con registi e colleghi affermati. Condivide, inoltre, aneddoti personali che rivelano la sua umanità, come l’emozione di essere riconosciuto per la sua performance teatrale virale o le parole toccanti ricevute da chi ha visto in lui un riflesso del proprio vissuto. Attraverso le sue riflessioni, emergono l’umiltà e la determinazione che guidano ogni suo passo sul set, e il desiderio di portare in scena storie che esplorano l’animo umano.

Lucio, l’amore per la recitazione è nato in famiglia, influenzato dal percorso del tuo nonno. Cosa significa per te portare avanti una passione che lui ha lasciato da parte? Senti una sorta di responsabilità nel continuare il sogno a cui lui ha rinunciato per amore?
Per me significa gratitudine. Sin da piccolo ho sempre desiderato potermi affacciare a questo mondo e, grazie ai pomeriggi passati vedendo i “mostri sacri” ,dentro di me sentivo qualcosa nascere. Lui non mi ha mai “costretto” a intraprendere questa strada, vedevo nei suoi occhi tanto amore mentre vedevamo una pellicola insieme e non ti nascondo che anche io mi innamoravo ogni giorno sempre di più, quindi gli sono grato per avermi trasmesso questa passione. Non sento particolari responsabilità, sento solo che devo fare ciò che il mio cuore mi dice e, finché batterà forte come ora ogni volta che sono sul set, volgo il mio sguardo verso il cielo e lo ringrazio infinitamente. Se sono felice io, è felice anche lui.
In L’amica geniale interpreti Peppe Greco, un ruolo che fa parte di una serie molto amata e seguita a livello internazionale. Quali sfumature hai voluto dare al tuo personaggio per renderlo autentico e come ti sei rapportato con il mondo descritto nei romanzi di Elena Ferrante?
In L’Amica Geniale Peppe per me è un ragazzo comune che, un po’ per necessità e un po’ per ambizione, decide di intraprendere la via del male. Mi piaceva l’idea che chiunque lo avesse visto, avrebbe potuto dire “anche io avrei fatto così” quindi l’ho reso umano, a tratti sensibile e anche impulsivo e “forte”. Peppe mi assomiglia per trascorso di vita, ma abbiamo fatto scelte lavorative diverse, l’ho accolto e ho cercato di capirlo, senza mai giudicarlo. Spero questo arrivi. Da sempre sono un fan della serie e dei romanzi di Elena Ferrante, prima su carta e poi in tv. Il rapporto è stato quasi “normale” perché gli anni 80 (anno della quarta stagione) li ho vissuti attraverso le VHS di nonno e i racconti della mia famiglia, nonna in particolare. Quando poi sono andato sul set, mi sono reso conto che ciò che avevo visto e sentito era in linea con ciò che immaginavo, mi sono lasciato trasportare e ho vissuto appieno tutto, in più, sono stato fortunato perché il rione dove è ambientata la serie, ricorda perfettamente quegli anni, quindi sono stato facilitato nell’entrare a contatto con un mondo che avrei ardentemente desiderato vivere, ma sono arrivato qualche anno dopo.

Nel film Napoli New York diretto da Gabriele Salvatores, hai avuto l’opportunità di lavorare in un contesto storico particolare e con un regista di grandissima esperienza. Come hai vissuto il set di un film che racconta il legame tra due culture e cosa ti ha lasciato questa esperienza dal punto di vista umano e artistico?
Il set di Napoli New York per me è stato fantastico sotto tutti i punti di vista, non ti nascondo che ero un po’ in “ansia da prestazione” perché sentivo che era un set importante, ma ho avuto la fortuna di poter avere il Maestro che mi sorrideva sempre, mi accompagnava passo passo, mi ascoltava e mi dirigeva lasciandomi la massima libertà di poter proporre e mi sono trovato subito in linea con ciò che cercava, quindi è stato “rapido e indolore”. Sono grato infinitamente.
Durante il tuo percorso hai lavorato con registi e artisti di altissimo livello. C’è un consiglio o un momento specifico che ti ha lasciato un insegnamento indelebile? Qualcosa che ancora oggi porti con te su ogni set?
Si! Di momenti bellissimi e indelebili sono tanti, ma ricordo in modo particolare due momenti dove sono tornato a casa con pancia, occhi e cuore pieni. Il primo quando sul set de L’Amica Geniale sia la regista Laura Bispuri, sia i miei colleghi di scena e sia le comparse li presenti, mi dissero che la mia malinconia negli occhi li aveva spezzati in due, una signora in particolare mi disse «Ho visto gli occhi di mio figlio che non c’è più». Abbracciai tutti fortissimo.
Il secondo, invece, sul set di Napoli New York, avevo finito il film e il Maestro mi disse «non perdere la luce che hai negli occhi» e tutto questo, sia a livello umano che artistico non ha eguali. Sul set e nel quotidiano porto sempre il Santo Rosario direttamente da Lourdes, mi è stato regalato da mia nonna, sono molto credente.

Nel 2017, il tuo video mash-up di A’Livella con Gomorra La Serie è diventato virale, raggiungendo milioni di visualizzazioni. Come hai vissuto l’improvvisa notorietà online e cosa ha significato per te ricevere un premio dalla famiglia De Curtis?
Ricordo con affetto quei giorni perché le persone mi fermavano per strada e si complimentavano, eravamo su tutti i giornali, quasi mi imbarazzava tutto ma eravamo felicissimi. Non ero abituato a tanta attenzione, ho sempre vissuto nell’ombra, un po’ perché mi ci mettevano e un po’ perché mi ci sentivo. È stato tutto bellissimo. Pochi giorni dopo la messa in onda della puntata, il nostro produttore teatrale (Christian Merli) ci disse che Elena De Curtis voleva incontrarci allo Sheraton di Roma in vista del premio “Artista per i diritti umani” rilasciato da INPEF dove eravamo stati nominati. Il cuore andava a mille, ci incontrammo e ci abbracciò, ci disse che se il nonno fosse stato in vita sicuramente si sarebbe divertito (ricevemmo anche lo stesso complimento poco dopo da Liliana, la figlia del Principe Totò). Ancora oggi vedo il video che gira sui vari social e ammetto che mi emoziono ancora.
Hai condiviso il palcoscenico con artisti affermati come Lina Sastri e Francesco Procopio e sei stato diretto da registi come Marco Tullio Giordana e Gabriele Salvatores. Come gestisci la pressione di lavorare accanto a grandi nomi del cinema e del teatro?
Semplice, sono esseri umani come me. Prima la subivo un po’ di più, ero più “ansioso” ora invece sono più “tranquillo”. Mi basta un caffè in compagnia, due chiacchiere e due risate. Più che pressione mi sento orgoglioso, per stare lì con loro vuol dire che gli sono piaciuto in primis io, quindi perché preoccuparmi più di tanto? Posso solo che imparare e essere grato. L’importante è essere umili, educati, saper ascoltare e sapersi mettersi a servizio di ciò che serve, infine abbiamo uno scopo comune: lavorare bene.

Il mestiere dell’attore implica l’interpretazione di personaggi e storie che richiedono molta empatia e trasformazione. Qual è il personaggio che ti ha messo più alla prova fino ad oggi, e quale invece senti più vicino alla tua personalità?
Alla prova mi ha messo il ruolo di Alberto Schiavone in L’effetto Dorothy perché è lontano dal Lucio di ora, prima ero più “debole” e quasi mi vergognavo a dire ciò che pensavo; ho fatto un lavoro di ricerca molto profondo, ho ripescato i pensieri di quel periodo, ero uno studente modello ma subivo bullismo, mi sfogavo solo sulle tavole del palcoscenico e a tavola. Crescendo mi sono reso conto che non ero io sbagliato ma chi mi circondava. Quando mi si è presentata la possibilità di fare questo ruolo l’ho preso con tutto l’amore di questo mondo e mi sono divertito nel “ritrovarmi”. Vicino a me ho sentito molto sia Eugenio in Nata per Te per la mia profonda fede e sia Peppe per il suo carattere forte, debole, umano.
Guardando al futuro, hai già collaborato con alcuni tra i migliori registi e attori italiani. C’è un regista o un attore internazionale con cui sogni di lavorare e una storia che non vedi l’ora di portare sullo schermo o sul palco?
Certo! Mi piacerebbe recitare al fianco di Johnny Depp, Leonardo di Caprio e Keanu Reevs, diretto da chi? Scorsese, Tarantino e Coppola. Sullo schermo mi piacerebbe portare la storia di un ragazzo non vedente, dove il suo handicap non è nient’altro che una risorsa in più rispetto a “”noi”” che probabilmente guardiamo poco, parliamo troppo, sentiamo niente.