Francesco Russo nel cast della serie “M – Il Figlio del Secolo”, Fuori Concorso a Venezia 81

Cresciuto con l'idea di fare l'attore, Francesco Russo, dopo vari lavori in teatro, le serie tv Call my agent e L’amica geniale e il film A Classic Horror story, è ora Cesare Rossi in M – Il Figlio del Secolo

M – Il Figlio del Secolo, la serie Sky diretta da Joe Wright, adattamento del romanzo premio Strega di Antonio Scurati, è un ritratto moderno e graffiante di Mussolini e della sua ascesa politica, dalla fondazione dei Fasci di Combattimento fino all’imposizione della più feroce dittatura che l’Italia abbia conosciuto.
Nel cast Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Lorenzo Zurzolo, Gaetano Bruno, Paolo Pierobon, Vincenzo Nemolato. La serie è stata presentata alla Mostra del Cinema di Venezia, nella categoria Fuori Concorso.

A Venezia abbiamo incontrato il co-protagonista Francesco Russo. Classe 1993, Francesco è diplomato all’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico. A teatro ha lavorato con registi come Valerio Binasco, Giorgio Barberio Corsetti, Fabio Cherstich. Era nel cast delle serie tv Call my agent e L’amica geniale e protagonista nel film A Classic Horror story. In televisione ha preso parte a Filumena Marturano e L’amica geniale – la serie.
In un suo curriculum Francesco scrive: “ping-pong (altamente qualificato)” «L’avevo messo su un vecchio CV appena diplomato – ride Francesco, accento partenopeo, ancora incredulo – e ad aprile ero al teatro India di Roma con uno spettacolo ispirato a Cronache marziane di Ray Bradbury, dove per mezz’ora gioco a Ping Pong contro i muri del teatro».

Francesco Russo
Francesco Russo in M – Il Figlio del Secolo

«A 5 anni mi era capitato di salire sul palco e avevo deciso che volevo fare l’attore. Non ho mai cambiato idea»

Quando hai detto ai tuoi genitori “vado a Roma all’Accademia d’arte drammatica”, come l’hanno presa?

Lo sapevano da anni… a 5 anni mi era capitato di salire sul palco e avevo deciso che volevo fare l’attore. Non ho mai cambiato idea.

In accademia hai avuto la Marchesini come docente e poi ha lavorato con lei in teatro. Che ricordo hai di lei e cosa le ha trasmesso?

Il ricordo di una persona molto esigente, severa, che pretendeva tantissimo anche a livello di disciplina. È stata un’artista alla quale il mondo del teatro non ha dato molto, ed era un mondo che lei amava. Si è dovuta rimboccare le maniche e fare da sé, e questa è stata anche la sua lezione. Ci ha insegnato che non esiste un mercato in cui uno deve entrare, esiste l’arte che uno deve esprimere.

Su IG, nel post dal Globe di Roma per Pene d’amor perdute, hai commentato: è quando Shakespeare ti scrive la biografia…

È uno spettacolo che parla di un gruppo di giovani che fanno un patto: rinunciare ai piaceri della vita, cibo, divertimenti e donne, per chiudersi a studiare. Ma, appena fatto il patto, arrivano in ambasciata delle dame dalla Francia. Rompono il patto e da lì tutta la commedia, che sembrava scritta per me perché io sono uno che si fa delle promesse da solo e poi non le mantiene… soprattutto quando si tratta di donne.

Francesco Russo
Francesco Russo sul red carpet di Venezia

«A Classic Horror Story per me è un pezzo di cuore»

Protagonista in A Classic Horror Story… È un genere che in Italia non va e invece Mimì il Principe delle Tenebre di Brando De Sica ha avuto successo e A Classic Horror Story è stato secondo titolo su Netflix a livello mondiale.

Quel film per me è un pezzo di cuore. Ho studiato un accento diverso, recitato in un genere diverso… io vengo dalla commedia. Pensa che il New York Times l’aveva messo nella lista dei cinque film horror da vedere quell’estate.
È vero che viene visto poco, ma ha un pubblico trasversale: un prodotto che viene da una nazione, viene visto in tutto il mondo. È pieno di appassionati. Sono entrato in un mondo che non conoscevo, di grandissimi fan che mi hanno scritto. Una persona ha fatto un giocattolo che raffigura me, e poi disegni, fumetti… tanti regali ricevuti.

Freaks out di Mainetti. Una sola scena ma in una grande produzione…

Feci il provino per un altro personaggio. Non andò, ma Mainetti mi chiese se volevo una parte con solo un paio di battute. Ho accettato immediatamente. Accade. Come quando feci un provino per un ruolo che non è andato, ma Sorrentino mi ha visto e mi ha proposto una parte. Ha detto: “però è piccola, la faresti?” E io ho detto: “con te sì”. Ma non ti posso dire nient’altro. Quello che potevo dire l’ho detto.

Parlando di casting… con Call My Agent hai conosciuto il mondo degli agenti. Sono davvero così?

Prima di girare la prima stagione di Call My Agent sono andato nella mia agenzia per due settimane a fare uno stage. Ho voluto vedere come si muovevano, come agivano, come reagivano.
È un lavoro stressante. Da allora ai miei agenti scrivo in modo sintetico e quando c’è qualcosa di importante. Stanno continuamente a rispondere alle email, al telefono, hanno due telefoni… Sono davvero multitasking. La velocità di pensiero, di linguaggio che c’è nel mio personaggio deriva da quello che ho visto fare agli agenti.

Francesco Russo
Francesco Russo

Francesco Russo: «Ho fatto mia la grande lezione di Elio Germano che dice che fare l’attore significa mettersi nei panni degli altri. Credo valga per tutti»

Da oggi tutti gli agenti faranno fare agli attori stage in agenzia…

Ho fatto mia la grande lezione di Elio Germano che dice che fare l’attore significa mettersi nei panni degli altri. Credo valga per tutti.
Marzia Ubaldi, che interpreta Elvira in Call My Agent, l’agente più anziana, mi ricordava la mia prima agente quando entrai in agenzia dopo l’accademia: materna e cinica allo stesso tempo, una che nel cinema ne aveva viste di tutti i colori e nulla la sorprendeva.

Quanto è importante per gli attori della Next Gen avere agenti e quanto contano i casting?

Mio padre è geologo, mia madre è impiegata alla ASL. Non avevo conoscenze. Non vivevo a Roma dove fanno i casting nei licei. Non volevo fare cinema o televisione; volevo fare teatro. A un saggio di teatro, dove non recitavo ma spostavo sedie e facevo i cambi scena, venne una casting e mi fece fare un provino per una sitcom con Paolo Calabresi. Poi un casting dopo l’altro, una parte dopo l’altra, mi hanno scelto come protagonista di A Classic Horror story. A me sono serviti: senza agente e casting non avrei fatto niente di quello che ho fatto.

«Secondo me il vero salto lo fai quasi da morto. Come non puoi capire un Picasso
vedendo solo un periodo di Picasso, non puoi capire un attore vedendo solo un periodo»

Quanto le piattaforme sono un’opportunità per gli attori della Next Gen, che però spesso non hanno una formazione? Si riesce poi a fare il salto nel grande cinema al quale tutti aspirano?

Quando inizi a lavorare nell’audiovisivo premi per fare il famoso salto. Ma l’arte è una cosa diversa, è una questione di comunicazione con il pubblico, di emozioni, e non ti serve il salto per fare quella recitazione. Secondo me il vero salto lo fai quasi da morto. Come non puoi capire un Picasso vedendo solo un periodo di Picasso, non puoi capire un attore vedendo solo un periodo. Quanti attori a 25 anni erano molto bravi, ma poi sono rimasti in quel personaggio? Perché si insegue il salto? Per i soldi? Il mio obiettivo è cercare di migliorarmi artisticamente.
L’altra faccia della medaglia del salto è che pensi che ci sia un libretto di istruzioni e diventi banale cercando di imitare quelli che sono considerati grandi attori dal sistema. Invece, secondo me, ognuno dovrebbe sperimentare. La recitazione non è fatta di dogmi come la religione: è qualcosa completamente fuori dall’autorità.

Ma i giovani della Next Gen, l’accademia se la possono risparmiare o no?

Ma sì, certo che se la possono risparmiare: io non credo che l’accademia sia indispensabile. A me è piaciuta perché ho incontrato tante persone. Ma non è importante l’accademia, è importante l’arte, lo studio dell’arte e essere curiosi.

Il cast di M – Il Figlio del Secolo

Sulla serie M – Il Figlio del Secolo «Con il personaggio di Cesare Rossi rappresento una gran fetta della popolazione italiana che non si accorta di nulla ed è finita nell’adulazione cieca, in questa tossicità. È stato un viaggio nel male e nell’arte»

Parlami di M – Il Figlio del Secolo

Dovevo incontrare Joe Wright. Lui prima incontrava gli attori e, sulla base dell’incontro, dava il personaggio per il provino. Io stavo girando Call My Agent. Arrivo con un’ora di ritardo. E lui mi ha aspettato… è incredibile! Mi propone il personaggio di Cesare Rossi, il vice di Mussolini per tutti i primi anni del fascismo, che ha fondato il partito con lui, è stato il suo ufficio stampa sia alla presidenza del Consiglio che al Ministero degli Interni. Un’eminenza grigia del fascismo che nella serie è raccontato come suo tuttofare. Solo dopo ho scoperto che il casting mi aveva visto in Ubu Re al teatro Argentina di Roma.
Poter recitare in M – Il Figlio del Secolo mi ha permesso di approfondire un periodo della nostra storia che in realtà si conosce poco. Al di là dell’essere attore, per me è stata un’esperienza formativa come cittadino.
Joe Wright ha un modo di fare cinema meraviglioso: è sperimentale e classico allo stesso tempo. Mi piaceva la sua idea quasi di demitizzazione di quei personaggi. Joe mi aveva detto il primo giorno di prova, che a lui interessava indagare la mascolinità tossica. E noi raccontiamo un’amicizia tossica, quella tra Cesare Rossi e Mussolini, dove Rossi finisce nell’adulazione di un personaggio senza vedere che sta diventando quasi uno schiavo, un burattino nelle mani del futuro dittatore. Non si accorge di avere davanti un futuro dittatore.
Con questo personaggio rappresento una gran fetta della popolazione italiana che non si accorta di nulla ed è finita nell’adulazione cieca, in questa tossicità. È stato un viaggio nel male e nell’arte.

Scena di M – Il Figlio del Secolo

«Ci sono scene che ho girato e che non ho mai visto in vita mia. Avendo una formazione teatrale, io sento il respiro del pubblico, sono abituato a cambiare in base alle reazioni della gente in sala»

Ora sei a Venezia e grazie a Sky sarai visto in quasi tutto il mondo. Come ti vedi?

Ti svelo un segreto…io non riesco mai a vedermi. Ci sono scene che ho girato e che non ho mai visto in vita mia. Avendo una formazione teatrale, io sento il respiro del pubblico, sono abituato a cambiare in base alle reazioni della gente in sala. Al cinema questa cosa è impossibile: sento il respiro del pubblico e mi vedo sullo schermo che vado random, ma non posso cambiare. E mi deprimo.

Progetti?

Devo iniziare un film a ottobre a Roma e due progetti a dicembre e gennaio, ma non posso dire niente.
In teatro non si fanno auguri.

Per la prima di M che debutta qui a Venezia cosa diciamo?

Viva l’Italia antifascista!