Marco Rossetti ha sperimentato le diverse fasi che un attore può vivere nella sua carriera. Dopo i primi successi e i primi copioni da protagonista (R.I.S.: Roma, Squadra mobile, Le mani dentro la città, per citare alcuni titoli) arrivano gli stop forzati e i provini che non vanno nel verso sperato. Su quella fiamma, che vedeva pian piano spegnersi a causa delle delusioni, l’attore romano ha soffiato a pieni polmoni mantenendola sempre viva. Tenacia e risolutezza lo premiano, gli permettono di riconquistare spazi e di riuscire ad accettare con più consapevolezza anche quello stato di precarietà che il mestiere dell’artista porta con sé. Tornano i ruoli da protagonista in fiction di successo che hanno fatto la storia della serialità Rai. Entra nel cast della seconda stagione di Doc – nelle tue mani, il medical drama che ha rivoluzionato il linguaggio televisivo mettendo d’accordo pubblico e critica. Da due stagioni è poi protagonista di Un passo dal cielo, serie prodotta da Lux Vide con la collaborazione di Rai Fiction. Per il suo Nathan, abituato a vivere in completa solitudine ai margini della società, si apre un nuovo capitolo. L’uomo degli orsi sarà chiamato ad abbattere quel muro di diffidenza che pone tra sé e gli altri esseri umani e a lasciarsi andare ai sentimenti. Grazie a Manuela, interpretata da Giusy Buscemi, imparerà forse che nessuno si salva da solo e che contare sugli altri non è sinonimo di debolezza. Nel presente e nel futuro di Marco c’è anche la musica, divenuta un altro linguaggio imprescindibile per esprimere la sua interiorità. A pochi giorni dal debutto della nuova stagione di Un passo dal cielo, che torna in prima serata su Rai Uno il prossimo giovedì 9 gennaio, Marco Rossetti ha raccontato a Next Gen Magazine qualcosa in più dei suoi progetti futuri.

«Con Manuela ci sarà una grandissima intesa. Poi chissà se queste rose fioriranno…»
Abbiamo lasciato Nathan e Manuela pronti a vivere la loro storia d’amore. Nella prima puntata però sembrano aver fatto un passo indietro da quel punto di vista. Come evolverà il loro rapporto?
Li lasciamo sul tetto del capanno di Manuela vista Cinque Torri e li ritroviamo lì. Si promettono una grande amicizia e una grande complicità. Manuela sarà l’unica che riuscirà a scardinare la natura chiusa di Nathan, un orso cresciuto nei boschi. Sarà l’unica che riuscirà a fargli capire che per venire a capo del suo grande tormento e conoscere quali sono le sue origini dovrà affidarsi a lei. Manuela sostiene che nessuno si salva da solo. Nathan, essendo cresciuto da solo, crede di potercela fare. Con Manuela ci sarà una grandissima intesa. Poi chissà se queste rose fioriranno…
Ci sono diverse new entry in questa ottava stagione e due in particolare avranno un ruolo importante per Nathan. La prima è Anna, con cui Nathan scoprirà di avere diverse cose in comune. Forse più di quelle che ha con Manuela…
Esattamente. Anna è una ricercatrice della squadra di Stephen (interpretato da Raz Degan) che sta cercando di salvare il ghiacciaio di San Vito di Cadore. Hanno uno scopo nobile che è anche lo stesso che ha Un passo dal cielo, raccontare un mondo green e più attento alla natura. Anna e Nathan sembrano complementari. Anche lei è cresciuta nella natura, non ha una fissa dimora e non ha legami affettivi con altre persone. Il primo incontro con Nathan è molto forte per lui. Anna sarà un ingresso molto importante nella sua vita.

«Credo che nella nostra vita e nella ricerca di noi stessi ci sia necessità di salvarsi da soli ma anche quella di condividere»
L’altra new entry è Stephen, interpretato da Raz Degan, che ha una connessione con Nathan. Cosa puoi anticipare senza spoilerare troppo?
Nathan sarà sempre più coinvolto nelle indagini al fianco di Manuela ed Enrico e sente che Stephen trama qualcosa. Scopriremo strada facendo quello che Stephen nasconde e ciò che Nathan ha fiutato.
Nathan è sempre stato abituato a farcela da solo e proprio questa sua natura lo allontana dalle persone che gli vogliono bene, come Manuela. Ma ci si può salvare da soli secondo te?
Credo che nella nostra vita e nella ricerca di noi stessi ci sia necessità di salvarsi da soli ma anche quella di condividere. Non c’è forma di elevazione maggiore se non nella condivisione con qualcun altro. Credo che bisogna però fare un percorso con noi stessi. La condivisione con gli altri non deve essere un tappabuchi a una nostra carenza.

«Posso dire che ce l’ho messa tutta, che ho sofferto tanto con tutte le porte in faccia che ho preso e che non mi sono mai arreso»
Prima Un passo dal cielo, poi Blackout e poi di nuovo Un passo dal cielo. La montagna sembra fare capolino spesso nella tua carriera. E nella vita invece? Che rapporto hai con essa e con la natura in generale?
Sono molto fortunato perché i miei genitori mi hanno abituato ad andare in montagna sin da piccolo. La montagna mi rigenera e mi ricarica. Ritornarci ogni volta mi dà la possibilità di fermarmi. Le passeggiate, le distanze lunghe, ritornare in contatto con la terra dopo un periodo nevrotico che viviamo quotidianamente in città mi permettono di ricentrarmi. Non potrei farne a meno. E se devo andarci anche per lavoro ben venga. Quando giriamo siamo sottoposti a dei ritmi che ci permettono di goderci poco il tempo libero ma, anche se solo tra un ciak e l’altro, poter stare seduti sull’erba, pranzare all’aria aperta e guardare dei monti meravigliosi è una fortuna.
C’è mai stata una strada alternativa alla recitazione?
Finito il liceo mio padre mi ha detto «L’università è là». Mi sono iscritto a giurisprudenza ma contemporaneamente mi sono pagato da solo il primo corso in accademia. Ho iniziato a sbatterci la testa e a vedere i primi risultati. Posso dire che ce l’ho messa tutta, che ho sofferto tanto con tutte le porte in faccia che ho preso e che non mi sono mai arreso. È sempre stato il mio sogno e si è realizzato. Gassmann diceva che questo lavoro si basa al 30% sul talento, al 30% sulla dedizione che hai per coltivarlo e il 40% sulla fortuna.

«Se posso dare un consiglio ai giovani è quello di non mollare»
E sei soddisfatto dei risultati che stai ottenendo con il tuo lavoro?
Mi sento un privilegiato, mi sono tolto qualche sassolino a livello artistico. Sono uno dei fortunati che ce l’ha fatta, che ha lavorato tanto e che potrebbe non lavorare più per tutta la vita. In questo lavoro siamo pedine nelle mani di qualcun altro. A 16 anni ho scoperto il teatro ed è stata una folgorazione. Sono sempre stato un adolescente molto irrequieto che non aveva molti strumenti per canalizzare l’energia che avevo. Scoprire questa forma di libertà di essere qualcos’altro mi ha salvato.
Gli ultimi anni hanno dato ragione alla tua tenacia. Ti sei dato tanto da fare e sei stato protagonista di molte serie di successo…
Sì, credo che la tenacia conti molto. Ho avuto un po’ di sofferenza con questo lavoro in passato ma non ho mai smesso di alimentare quel fuoco. Ho sempre soffiato su questa piccola fiammella che si stava spegnendo ma stava sempre là.
C’è stato un momento in cui hai pensato di non potercela fare?
Assolutamente. Tra i 28 e i 30 sono rimasto un po’ in bilico. Non riuscivo a superare i provini e mi sono demoralizzato. Poi sono salito sul treno giusto, non bisogna smettere mai di crederci. Se posso dare un consiglio ai giovani è quello di non mollare.

«Mi sono trovato a mettere in musica una mia poesia qualche anno fa»
Un altro momento importante della tua carriera è sicuramente Doc – nelle tue mani. Come siamo messi con la quarta stagione?
Devi chiederlo alla produzione e agli sceneggiatori. So che stanno scrivendo, mi dicono che ci sarò ancora per cui sono stra-contento. Non vedo l’ora ma non so nulla. Non abbiamo fatto ancora nessuna riunione.
Come si inserisce nel tuo mondo la musica?
È una passione che ho da sempre. Mi sono trovato a mettere in musica una mia poesia qualche anno fa. Nel periodo in cui avevo meno lavoro mi sono dedicato alla scrittura di uno spettacolo di teatro e musica, che si chiama Mala(t)to unico. Ho iniziato a portarlo in giro e ho conosciuto delle persone che mi hanno prodotto i primi singoli e con il quale ho fatto delle serate prettamente musicali. È diventato qualcosa che sto nutrendo e coltivando. Attualmente sto scrivendo delle nuove cose, sto producendo dei nuovi brani che farò uscire quest’anno.
A proposito di musica, quali sono i tuoi punti di riferimento?
Ascolto tanta musica, spazio un po’ ovunque. Quando avevo 7 anni i miei genitori mi hanno fatto ascoltare Bocca di rosa di Fabrizio De Andrè ed è una canzone che ho macinato. Poi Lucio Battisti, Francesco De Gregori, Antonello Venditti e in generale il cantautorato italiano. Il primo concerto a cui mi hanno portato i miei genitori è stato quello di Gianni Morandi. Ho visto Vasco Rossi ovunque. Qualche giorno fa sono andato al concerto dei Santi Francesi, che sono bravissimi. Dell’indie italiano mi piacciono moltissimo Fulminacci, Gazzelle, Coez. Ascolto anche tanta musica internazionale. Il primo cd che ho comprato è stato (What’s the Story) Morning Glory? degli Oasis. Avevo 11 anni. Adesso sono sulla bocca di tutti.

Sei uno dei fortunati che è riuscito a prendere i biglietti per uno dei concerti?
Neanche ci ho provato. Ho amici che sono riusciti a prendere biglietti per Wembley. Io lì non ci andrei neanche per sbaglio per la claustrofobia. Deve essere un’esperienza bellissima ma mi fa un po’ paura. Troppa gente mi terrorizza. Se non litigano prima (i fratelli Liam e Noel Gallagher) sarà una cosa potente.
Se ci fosse un equivalente di Spotify Wrapped anche per film e serie tv, chi ci sarebbe in cima alla tua lista del 2024?
Quest’anno ho avuto davvero poco tempo per guardare serie e film. Di recente sono andato al cinema a vedere Parthenope, The Substance e Vermiglio e mi sono piaciuti tantissimo. Ho visto anche The Gentlemen, serie di Guy Ritchie, folle e bellissima. Sto guardando adesso Vita da Carlo, mi piace moltissimo. Trovo che Carlo Verdone abbia trovato una chiave divertentissima per raccontarsi e raccontare Roma. Se devo dirti le serie che hanno un po’ cambiato la mia prospettiva ti nomino Romanzo Criminale e Breaking Bad.
Progetti futuri?
Di concreto per adesso c’è Doc 4, che giriamo quest’anno. Vediamo con la musica cosa succede, staremo a vedere.
Credits
Photographer Alessandro Rossetti