Non c’è alcuna legge scritta che ci dirà con certezza a che età capiremo cosa vogliamo fare della nostra vita. La storia di Marial Bajma Riva ci racconta chiaramente che non si è mai troppo piccoli quando abbiamo un sogno chiaro e cristallino davanti ai nostri occhi. L’arte fa parte di lei sin da quando era una bambina e la accompagna in tutta la sua evoluzione e crescita. Aveva solo 9 anni quando decide di trasferirsi a Montecarlo per studiare danza classica in un prestigioso istituto. Tra un’arabesque e un battement jeté capisce che tutù e punte non le permettono di esprimere pienamente il suo mondo interiore. Spinta da un suo insegnante, il primo che ha intravisto in lei un talento verticale, Marial decide di approfondire i suoi studi anche nella recitazione. Torna in Italia e si diploma presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Negli anni inizia a ottenere i primi ruoli importanti (da La legge di Lidia Poet su Netflix al cinema e al teatro) e a farsi apprezzare per un talento a tutto tondo e in costante espansione. Dallo scorso ottobre Riva è nel cast della seconda stagione de I casi di Teresa Battaglia – Ninfa dormiente nei panni di Alice, esperta nel ritrovamento di resti umani e tracce biologiche, che entra nella squadra del commissario interpretato da Elena Sofia Ricci.

«Per Alice lavorare in gruppo è una cosa nuova, è un po’ un’eremita che lavora nell’ombra»
Sei tra le new entry della seconda stagione de I casi di Teresa Battaglia – Ninfa dormiente” e il tuo ruolo è quello di Alice. Come ce la presenti?
Alice è un personaggio abbastanza anomalo. È una ragazza di un’indipendenza sfrenata. Ha questo carattere parecchio forte e questo la avvicinerà molto a Teresa. Per Alice lavorare in gruppo è una cosa nuova, è un po’ un’eremita che lavora nell’ombra. Vive in simbiosi con il suo cane Smoky. L’una senza l’altra non potrebbero esistere. È una ragazza molto coraggiosa, che si mette molto in gioco e anche in pericolo. Imparerà a collaborare con la squadra di Teresa.
Un ruolo che ti ha portato anche a un piccolo cambiamento fisico, perché hai dovuto tingere i capelli di blu. Questo ti ha aiutata a entrare maggiormente nel tuo personaggio?
Beh, sicuramente. È una cosa molto particolare avere la possibilità di tingere e tagliare i propri capelli. Stare cinque mesi con il look di Alice mi ha aiutata a sentirla più vicina. Ho capito cosa significa andare in giro con una testa tutta blu, una cosa inusuale che nella mia vita non avrei mai fatto. Guardarmi allo specchio era un impatto forte ogni volta. È stato bello cambiare completamente il mio aspetto e indossare gli abiti di Alice. Penso sia il sogno di ogni attore interpretare ruoli diversi e lontani fisicamente.

«Elena è la protagonista principale e ha settato un’atmosfera molto familiare. È bello lavorare in un set così»
Come è stato recitare al fianco di Elena Sofia Ricci?
È stato bellissimo. Ero un po’ in soggezione e in ammirazione di questa attrice, che ho scoperto essere un essere umano molto bello. Mi ha messa subito a mio agio e mi ha accolta totalmente come essere umano e come attrice. Abbiamo riso, scherzato, ci siamo aiutate. Si è creata una vera e propria coesione anche con tutti gli altri membri del cast. Il clima era bellissimo proprio perché eravamo una squadra forte, coesa e molto compatta. Elena è la protagonista principale e ha settato un’atmosfera molto familiare. È bello lavorare in un set così.
C’è un elemento che ha fatto parte del cast della serie ed è il freddo. Lo avete patito molto?
È stata dura, sì. Ci sono stati giorni davvero tosti. Non c’è soluzione al freddo. Ti copri il più possibile ma c’è sempre qualcosa che resta fuori, come la faccia. Devo dire però che, quando c’era l’azione, eravamo tutti talmente concentrati a fare il nostro lavoro che andavamo dritti alla meta ed era come se il freddo sparisse. Durante le pause però era penetrante. È stato difficile ma a posteriori mi sento felice di averlo fatto.
Da attrice senti di dare il meglio di te in ruoli che si avvicinano alla tua persona o in ruoli che senti più lontani?
Ovviamente sono più facili i ruoli che senti affini. Però la soddisfazione più grande è spingersi oltre i propri limiti e affrontare personaggi diversi. È quello che aspiro sempre di più, vorrei essere un’attrice eclettica e camaleontica. Personaggi distanti ti permettono di scoprire cose di te, perché non potrai mai perdere totalmente te stesso.

«Non ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza normali, sono cresciuta molto presto»
L’arte ha fatto parte di te sin da piccolina. A 9 anni ti trasferisci a Montecarlo per studiare danza classica. Cosa ricordi di quegli anni?
Sono stati anni molto belli e anche molto difficili. L’ambiente accademico di danza classica è molto rigido. Ero contenta di essere lì perché è stata una mia scelta. Feci il provino per entrare in questa scuola di Montecarlo, che si chiama Principessa Grace, di nascosto dai miei genitori. Devo tanto a loro, mi hanno supportata tantissimo anche a quell’età e non è affatto scontato. Io sono figlia unica quindi si sono un po’ privati di vedermi crescere. Rifarei tutto, quegli anni mi hanno resa la persona che sono ma sono stati sicuramente anni di grandi rinunce. Non ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza normali, sono cresciuta molto presto.
La passione è stata sufficiente a colmare le mancanze? Quanto è stato complicato per una bambina di 9 anni stare lontana dalla propria famiglia e dai propri affetti?
Io ero una di quelle bambine che non ha mai pianto quando si staccava dai genitori. Ero proprio contenta di stare sul palco già a quell’età. Nell’incoscienza dei 9 anni non ci pensi, ero felice di fare quello che facevo nonostante vivessi in quella che era a tutti gli effetti una “caserma militare”. Mio padre mi ha sempre detto di seguire le mie passioni e di fare un mestiere che mi piace. È una frase che mi ha spinta, anche da piccola, a perseguire il mio segno.
Quando è avvenuto il passaggio al mondo della recitazione?
Avevo circa 15 anni quando iniziavo un po’ a conoscermi e a capire chi fossi. Mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua rispetto alle mie compagne d’accademia perché vedevo che avevo una spinta diversa. Sentivo che la danza non mi bastava più. Avevo paura a confessarlo per il timore che il direttore mi cacciasse dall’Accademia, che è una scuola molto selettiva. Invece lui mi disse che vedeva una scintilla in me, mi consigliò di esplorare altri lati artistici e di non chiudermi solo nella danza. Mi fece fare dei corsi di recitazione e di canto per darmi la possibilità di esplorarmi e conoscermi. Sono stata fortunata ad averlo come primo mentore perché mi ha consentito di finire il ciclo di studi e mi ha sostenuta. A 17 anni e mezzo poi sono venuta a Roma e mi hanno presa all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico.

«Con la recitazione mi sono messa a nudo, non puoi non farlo»
C’è qualche muro che la recitazione ti ha aiutato ad abbattere?
Tantissimi. Con la recitazione mi sono messa a nudo, non puoi non farlo. Mi sono riscoperta da zero. È come se avessi avuto una nuova nascita. E continua ad abbattere muri, perché se ne alzano sempre di nuovi. Credo che, come esseri umani, siamo in continua evoluzione. Questo è un mestiere che ti mette sempre davanti a te stesso. Ogni volta scopro cose di me, anche e soprattutto attraverso i personaggi che interpreto. Per questo mestiere serve anche molta tempra per reggere le pressioni, i provini, il giudizio esterno.
E come si inserisce in tutto questo la tua passione per l’ukulele?
È nata durante il lockdown. Ho sempre amato cantare, sono un soprano leggero e, visto che non riesco a stare mai ferma, devo sempre esplorare cose nuove. Quindi mi sono chiesta quale fosse lo strumento più piccolo, comodo e semplice da suonare. E la risposta è stata: l’ukulele. Me lo sono fatta arrivare, ho seguito tutorial e, da autodidatta, ho iniziato a suonarlo. È molto più bello cantare accompagnati da uno strumento. È uno strumento molto simpatico. L’ho usato anche in alcuni spettacoli, ho abbattuto il muro del suonare dal vivo su un palco.
È un momento denso di progetti per te. Cosa ti riserva il futuro, cosa c’è in ballo?
Dopo Ninfa Dormiente sarò in uscita con un nuovo progetto che è Petra 3, con la regia di Maria Sole Tognazzi insieme a Paola Cortellesi. Che bello poter recitare con due artiste così eccezionali. Paola è stupenda a livello umano ed è bravissima.
Avete girato dopo il fenomeno mediatico “C’è ancora domani”?
Sì, abbiamo girato tra maggio e luglio. C’è ancora domani era già uscito e la cosa si percepiva.
Quando giravamo per strada a Genova c’erano i fan che acclamavano Paola. A livello umano e
professionale è una persona bellissima. Ed è molto attenta anche alle nuove leve di attori.
E ora stai girando qualcosa?
In questo momento sono in giro con uno spettacolo. Si intitola Me ne vado e sono insieme ad
Anna Piscopo. Poi ci sono altre cose in ballo di cui al momento non posso parlare.