Presentato in Concorso alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, No Other Choice (Eojjeol Suga Eopda) segna il ritorno di PARK Chan-wook tre anni dopo Decision to Leave. Per l’occasione, il regista abbandona il terreno del genere thriller per inseguire la fragilità di un uomo comune, ovvero un padre che perde il proprio lavoro. «Volevo realizzare un film che spingesse gli spettatori a porsi delle domande. Qual è il livello più basso di vita per la classe media coreana contemporanea? Quale tenore di vita bisogna mantenere per poter considerare la propria esistenza “decente”? […] Se i miei film precedenti avevano un umorismo più sottile, No Other Choice, si potrebbe dire, è un po’ più esplicito» ha commentato PARK Chan-wook.

No Other Choice di Park Chan-wook: l’innesco della perdita
La trama vede come protagonista Man-su, dipendente da venticinque anni all’interno di un’azienda specializzata nella lavorazione della carta. Orgoglioso del proprio mestiere, Man-su è convinto di vivere una vita felice e lavorativamente appagante. Un giorno arriva la tragica notizia, una nota di licenziamento accompagnata dalle parole «Ci dispiace. Non abbiamo altra scelta». Questa frase proietta Man-su verso un universo inesplorato, fatto di precarietà e paura. Infatti, la casa è a rischio e i colloqui programmati falliscono tutti miseramente. «Sto combattendo una guerra» si ripete, nel tentativo di restituire dignità alla propria fatica.
Il film segue Man-su passo dopo passo, tra la speranza di rientrare alla Moon Paper, il rifiuto del caporeparto e l’idea di inventarsi un lavoro che non esiste. PARK Chan-wook costruisce un racconto di suspense domestica, dove la tensione nasce dall’ostinazione con cui un uomo cerca di affrontare la situazione pur rimanendo se stesso.

Cast e linguaggio che si interrogano sulla contemporaneità
Ad interpretare Man-su è LEE Byung Hun. L’attore restituisce con grande naturalezza la gamma di emozioni che attraversano il protagonista, dalla dolcezza al gesto estremo. «[…] è stato capace di passare in pochi secondi attraverso un’ampia gamma di emozioni, offrendo una performance che dall’inizio alla fine non è mai risultata monotona», ha dichiarato il regista. SON Yejin è invece Miri, la moglie del protagonista, colei che tiene le redini della famiglia.«È un’attrice professionista che sa esprimere ciò che serve con una precisione millimetrica, ha raccontato PARK.
Il caporeparto Sun-chul, interpretato da PARK Hee Soon, incarna invece la contraddizione tra durezza e vulnerabilità. «Se hai un minimo di vergogna, non farlo» ordina a Man-su, salvo poi rivelare un lato più complesso ed emotivo. Accanto a lui, LEE Sung Min è Bummo, un veterano del mestiere che rivendica la propria identità “analogica”: «Perdere il lavoro non è una mia scelta». La sua performance, volutamente sopra le righe, esprime l’orgoglio e l’ostinazione di chi non si piega alla logica dell’utile.
YEOM Hye Ran, nei panni di Ara, offre un contrappunto vibrante: «Perdere il lavoro non è il problema. Il problema è ma come lo affronti!». PARK ha valorizzato la sua capacità di esprimere contraddizioni, oscillando tra energia e malinconia. Infine, CHA Seung Won sorprende con Sijo, un ruolo da ex tecnico divenuto store manager di un negozio di scarpe che ripete come un mantra: «Sono un riparatore di macchine». Il regista ha scelto di ribaltare la sua immagine di star per renderlo fragile e servile, in un gioco di contrasti che aggiunge profondità alla narrazione.

Il tema del lavoro come identità spezzata
PARK Chan-wook racconta di essersi ispirato The Ax di Donald E. Westlake, autore del romanzo da cui è stato tratto Senza un attimo di tregua – uno dei film preferiti dal regista. In No Other Choice resta centrale la domanda: cosa rimane di noi quando perdiamo il lavoro? La ricerca del regista è quella di indagare la “soglia minima” che possa definirsi dignitosa. «Sono anch’io un uomo con una famiglia» ha commentato PARK.
In questa prospettiva, la casa di Man-su diventa un elemento narrativo centrale. Il regista la descrive come una “French house” – uno stile che era popolare tra i coreani benestanti negli anni Settanta e Ottanta – elegante ma incompleta, con dettagli raffinati e ferite ancora visibili. È un edificio che, visto dall’esterno, appare solido e quasi intatto, ma che al suo interno rivela ferite che non si rimarginano. È il ritratto architettonico del protagonista, un luogo che incarna la sua fragilità e al tempo stesso la sua ostinazione a resistere.
Con una regia che alterna realismo e paradosso, PARK mette in scena la precarietà senza retorica, mentre la scenografia amplifica il senso di ferita e resistenza. Nasce così una commedia che non attenua il dolore, ma che lo rende condivisibile.

Con No Other Choice, Park Chan-wook esplora l’istante in cui il quotidiano vacilla e si fa cinema. Ne nasce un’opera che racconta la precarietà con lucidità e compassione, intrecciando tensione e ironia. Alla fine rimane la voce di Man-su insieme a quella del regista, e custodire ciò che si ama appare come l’unica scelta possibile.