Europa, Berlino. Sono le 4 della mattina di una domenica di fine febbraio, e Kerstin Egert, alias Tama Sumo, dj resident del tempio della techno Berghain, sta suonando davanti a una pista da ballo affollatissima. Come sempre, la fila fuori è lunga e continua ad aumentare, e quella notte è lì per godersi set tutti al femminile, con la produttrice olandese Steffi, la Dj Virginia di Monaco, e Avalon Emerson, l’americana emersa come una delle più ricercate del circuito della techno.
Ma quella del Berghain non è un’eccezione: in tutta la città, le donne troneggiano in consolle. Tra queste l’italiana Madalba al Tresor, uno dei club storici della città, lo stesso in cui la dj resident Barbara Preisinger è l’headliner del suo evento mensile Deep in the box. Le donne sono da tempo attive come dj a Berlino, ma negli ultimi anni sono aumentate di importanza e visibilità. Una rete crescente di agenzie e gruppi comunitari gestiti da donne ha contribuito a far uscire le artiste dall’ombra, dissipando l’atmosfera maschile (e un po’ maschilista), del passato.
Dall’Iran a Nairobi: la nuova scena nel mondo dei dj set
Medio Oriente, Iran. Nel settembre 2022, Mahsa Zhina Amini è morta dopo essere stata arrestata dalla “polizia della moralità” iraniana, con l’accusa di aver indossato il suo hijab in modo improprio. La rivolta innescata dal suo omicidio è stata la più grande dai tempi della rivoluzione del 1979. È passato più di un anno e gli onnipresenti canti di “Zan, Zendegi, Azadi” (che significa “donna, vita, libertà” in persiano) si sono diffusi nelle strade di Teheran attraverso le tracce di artiste elettroniche iraniane. Come Azadi.MP3, la cui traccia Empty Platform è piena dei canti di quelle proteste, intrecciate a ritmi sanguigni, pulsanti, percussivi, di rivolta e di amore.
Africa, Kenya, Nairobi. È un sabato sera e nel quartiere Westlands di Nairobi c’è The Mist, un seminterrato che pulsa ai ritmi della jungle, della dancehall e dell’amapiano. È il tipo di club underground in cui puoi ascoltare di tutto, dal grime al glitch. Qui sono di casa gli eventi della Femme Electronic, una piattaforma avviata a Kampala dalla dj Rachael per formare produttrici donne, come Nabalayo, maestra dell’esplorazione del folklore keniota e della vita di Nairobi. Lanciata nel 2017, la Femme Electronic ha scoperto veri talenti, come Coco Em, che sta rapidamente diventando un nome fisso sui dancefloor di tutto il mondo con i suoi set che si muovono tra afro house, kuduro e gengetone keniano.

Occidente, Oriente, Sud del mondo. Sono luoghi lontani, da tanti punti di vista, ma oggi connessi da una comune volontà: far splendere il talento delle donne in console. Arrivarci non è stato semplice. Un vecchio slogan di epoca riot grrrls, reso celebre da Kim Gordon, recitava: “Girls invented punk rock, not England”. Traslata alla musica elettronica e estesa al mondo intero, la frase è ancora più giustificata. Il contributo femminile allo sviluppo di quello che per convenzione è sempre stato vissuto come il “suono del futuro” è fondamentale, incontrovertibile e, come per qualunque altro campo dell’ingegno umano, quasi sempre sottovalutato.
Alle sperimentatrici e pioniere che nel corso del Novecento hanno riformulato il nostro rapporto con la “musica prodotta dalle macchine” è stato dedicato nel 2020 il documentario di Lisa Rovner intitolato genialmente Sisters with Transistors. Anche da qui si capisce come la musica elettronica abbia una lunga storia di emarginazione femminile. Ma una nuova avanguardia di produttrici sta iniziando a ridefinire l’aspetto e il suono della musica dance.
In UK, con le loro produzioni drum’n’bass, garage ed EDM, Grace, PinkPantheress e Becky Hill hanno scalato le classifiche, mentre l’irlandese Jazzy ha trascorso 31 settimane in classifica con la traccia house Giving Me. Per non dire della scozzese Hannah Laing, che sta ottenendo decine di milioni di stream con i suoi brani rave autoprodotti e di ispirazione vecchia scuola. Fare musica dance e, soprattutto, alle loro condizioni, è ora per le ragazze una carriera praticabile. E visibilità a parte, i cambiamenti demografici nella musica dance sono trainati da collettivi come Loud LDN, che utilizza chat ed eventi di gruppo per costruire reti di supporto per donne e artisti di genere non conforme. Tra i suoi membri ci sono Piri, Venbee e le altre stelle nascenti della pop-dance Issey Cross e Charlotte Plank.

Le etichette discografiche che sostengono il talento femminile
«Ho visto cambiare il livello di rispetto per le donne», ha detto su questo Melissa Taylor, che nel 2006 ha fondato Tailored Communication, una società di pubbliche relazioni che rappresenta molte dj di spicco nella musica elettronica. Ma sono diverse le dj che hanno deciso di dare il loro contributo fondando delle label. Tra queste la veterana Paula Temple, artista techno di origine britannica la cui etichetta Noise Manifesto si concentra su progetti musicali di donne e artisti queer.
Ellen Allien, icona assoluta della musica techno da più di vent’anni, ha fondato l’etichetta discografica BPitch Control e nel 2018 la nuova label UFO, diventate entrambe cardini della scena elettronica underground. Ma Berlino ha anche generato una serie di agenzie con un roster prevalentemente femminile, con nomi come Poly Artists, Futura e Odd Fantastic. E anche nel campo della musica elettronica sperimentale, com’è l’ambient che sta vivendo un’entusiasta riscoperta, questa fioritura è strettamente collegata al ritrovato ruolo della donna all’interno dell’industria musicale.


Le dj che portano avanti la musica elettronica in Italia
Dopo decenni trascorsi ai margini della storia sonora, un’inedita attenzione di pubblico e critica ci ha introdotto a un sottobosco di compositrici fenomenali, come l’italiana Caterina Barbieri, Kaitlyn Aurelia Smith e Ana Roxanne. Tra resistenza imperitura e lotta femminista, sfociate in differenti e fondamentali pubblicazioni, stiamo vivendo un sano tentativo di stabilire finalmente un equilibro a-gender all’interno della musica elettronica. Anche in Italia, dove proprio le descrizioni di ambienti, ma solcate da un esasperato pulsare tecnologico, segnano le opere della dj e produttrice romana Simona Faraone. Protagonista della primissima ondata della scena techno cittadina, quella che espandeva i confini della pista da ballo, mescolando club e cultura del rave, ha assemblato, con la sua etichetta New interplanetary Melodies, un piccolo, prezioso catalogo di “colonne sonore immaginarie”, che hanno come centro assoluto i panorami urbani.
Ci sono Giolì & Assia, un duo che produce un mix di house, techno e pop, con testi in italiano e inglese; e poi Silvie Loto, dj e produttrice italiana che affonda mani e anima in un suono che fonde elementi melodici a strumenti a percussione e suoni che evocano altri luoghi remoti. E infine Daniela Pes, che non è la tipica cantante pop, e questo la salva dall’ovvio. Canta in una lingua inventata, si muove tra folk ed elettronica, il suo primo album Spira è stato prodotto da Jacopo Incani/Iosonouncane, e del suo disco-mondo dice che non è difficile, ma solo complesso.
La musica del futuro è un flusso che porta con sé anche tracce d’un passato arcaico, femminile, femmineo, lunare. E in questo flusso, oggi, le correnti le stanno muovendo anche o soprattutto le artiste donne, mano nella mano con quelle di ieri.



