OCCHI e “Maradona”: «Il passato può essere il motore di un futuro ancora più bello»

Giovane artista indie pop dalla scrittura intima e ricca di sfumature, OCCHI presenta il suo nuovo singolo "Maradona" esplorando i temi della memoria e del cambiamento senza il timore di mostrare la propria vulnerabilità

Classe 2004 e originario di Lodi, OCCHI è un giovane talento che si sta affermando nel panorama dell’indie pop italiano. La sua musica, che coniuga la sensibilità della tradizione cantautorale con l’immediatezza del pop contemporaneo, si distingue per una sonorità fresca e autentica, capace di evocare immagini familiari e malinconie universali. La sua scrittura, intima e ricca di sfumature, nasce infatti dall’esigenza di raccontare le fragilità più nascoste, le amicizie che sfidano il tempo, e quei dettagli quotidiani che, pur nella loro apparente semplicità, assumono una risonanza inaspettata e sincera. 

Il suo nuovo singolo, Maradona, uscito l’11 aprile per Nigiri / Sony Music Italy, riflette sul passato con uno sguardo lucido e privo di retorica. Infatti, prendendo spunto dall’immaginario calcistico, l’artista esplora i temi della memoria e del cambiamento senza il timore di mostrare la propria vulnerabilità. Il brano diventa quindi il simbolo di un tempo passato che continua ad abitare il presente, la metafora di un’epoca ricordata con il sorriso e che continua a dare la forza per andare avanti. «Con Maradona volevo trasmettere un approccio al passato che fosse ottimista – ha spiegato OCCHI – […] non dobbiamo rimanerne intrappolati per paura di vivere il presente».

OCCHI
OCCHI, ph. Tommaso Barbolini

«Mi piace pensare che le canzoni si carichino da sole dentro di me, ed escano quando è il momento giusto. Questo mi permette anche di vivere tutto con molta più serenità»

Quando hai scoperto la tua passione per la musica, e come la tua città natale ha plasmato il tuo essere artista?

Tutto è nato tra le strade del centro di Lodi. Tra le mie avventure da adolescente, liceale, rappresentante di istituto… Sono vie cariche di storia e di vita, che hanno segnato in maniera indelebile la mia musica. Tutto è iniziato quando, a soli sei anni, cantavo nel coro delle voci bianche della cattedrale. Poi è proseguito con lo studio del pianoforte. Ma in quelle vie c’è tutto, e torna anche nelle mie canzoni, come in Tutta la festa quando cito “i portici di Piazza Vittoria”. Tra quelle strade sono cresciuto e sto ancora crescendo. Ogni giorno ci sono storie di ragazze e ragazzi come me che aspettano solo di essere raccontate: tra caffè e aperitivi, amori e cuori spezzati, sogni in grande e piccole conquiste… Il mondo dei ragazzi è lì, ed è proprio quello che voglio raccontare.

Come descriveresti la tua musica a livello di sound, e come si è evoluta nel tempo?

Quando a 14 anni ho iniziato a scrivere, lo facevo sui type beat di YouTube: facevamo a gara a chi scriveva la strofa più “hard”. Poi, piano piano, ho trovato la mia maniera di esprimermi, staccandomi dai type e componendo al pianoforte. Con il tempo la musica è diventata per me una vera e propria condizione. Scrivo sempre, continuamente “in background”. Mi piace pensare che le canzoni si carichino da sole dentro di me, ed escano quando è il momento giusto. Questo mi permette anche di vivere tutto con molta più serenità.

A livello di sound amo l’indie italiano, di cui mi sento figlio, e artisti d’oltreoceano come Tyler, The Creator. Oggi è difficile darsi un’etichetta, e se proprio va fatto, preferisco che lo facciano gli altri. A me piace che la musica sia libera e che mi rappresenti. So che crescendo io, crescerà anche lei. E non voglio prefissarmi un punto d’arrivo.

OCCHI
OCCHI, ph. Tommaso Barbolini

«Con Maradona volevo trasmettere un approccio al passato che fosse ottimista, come quello di un tifoso che ripensa a quando la sua squadra vinceva tutto»

Hai recentemente pubblicato il tuo nuovo singolo Maradona. Descrivici il brano con tre aggettivi.

Visionario, malinconico, generazionale.

Quale immaginario ha guidato la scelta di questo titolo “evocativo”?

Volevo rappresentare quella malinconia particolare che si prova pensando ai giorni di gloria della nostra squadra del cuore: sono nel passato e magari non corrispondono al presente, ma non per questo ci abbattono. Anzi, ci spingono a tifare ancora di più.

Hai parlato di “serate senza meta” e  di “ombre antiche” per descrivere questo singolo. Quale ruolo gioca il passato nella tua produzione musicale?

Con Maradona volevo trasmettere un approccio al passato che fosse ottimista, come quello di un tifoso che ripensa a quando la sua squadra vinceva tutto. Il passato può essere il motore di un futuro ancora più bello: non dobbiamo rimanerne intrappolati per paura di vivere il presente.

OCCHI
OCCHI, ph. Tommaso Barbolini

«La mia vita è un cambiamento continuo. Ho anche capito che è normale non aver capito tutto – e qualche volta non averci capito nulla»

Pensando al panorama musicale, quali sono gli artisti a cui ti ispiri e perché?

In Italia mi piacciono tantissimi artisti, anche di generi che possono sembrare lontani dal mio. Un giorno mi piacerebbe fare collaborazioni che l’ascoltatore non si aspetta — magari qualcosa sull’urban. Per quanto riguarda le reference estere, sono sempre in una fase di scoperta. Mi sento un pesciolino nell’oceano se penso alla vastità della discografia americana. Mi piacerebbe “viverla” e capirla nel suo contesto sociale e culturale, più che ascoltare passivamente quello che ci arriva in Italia.

Maradona affronta i temi della malinconia e della nostalgia. Qual è il tuo rapporto con il cambiamento?

La mia vita è un cambiamento continuo. Ho anche capito che è normale non aver capito tutto – e qualche volta non averci capito nulla. Cerco di fare del mio meglio nel presente, così, a prescindere da che forma avrà il futuro, so che ci avrò messo qualcosa di vero. Alle superiori ero sempre il rappresentante d’istituto a scuola, poi sono diventato il cantante pendolare che faceva due ore di treno per produrre le canzoni. Dopo il diploma mi sono iscritto a ingegneria informatica, poi ho lasciato, ho lavorato come social media manager per un mio amico prete, e poi mi sono iscritto di nuovo all’università. Ora, come ciliegina sulla torta, il team si è ampliato con il mio ingresso in Nigiri. E mi ritrovo a vivere una vita totalmente diversa da quella di un anno fa — che a sua volta era diversissima da quella dell’anno prima.

Credo che la chiave sia accettare il cambiamento, senza volerlo frenare per paura del futuro. Così si vive meglio, e si cresce più in fretta.

«Per me la musica nasce da uno scambio: a volte è positivo, altre volte uno scontro. Ma è proprio da questa diversità che può nascere qualcosa di unico»

Qual è il confine tra la vulnerabilità e forza?

Accettare i propri limiti. Quando impariamo che non possiamo fare tutto da soli, che abbiamo bisogno degli altri – con i nostri difetti e le nostre fragilità – succede qualcosa di bellissimo: condividiamo. Io ho la fortuna di avere attorno a me tanti amici veri, che sanno quando non ci arrivo, o quando non ce la faccio, e mi danno una mano, ognuno come può. La parte più bella è che poi ogni piccolo successo diventa condiviso. E allora siamo felici insieme.

Quanto influisce, se influisce, lo sguardo degli altri sulla tua musica e scrittura? 

È dallo sguardo degli altri che mi arriva l’amore, l’affetto, la cura. Se non ci fossero loro, non potrei scrivere nulla — cosa avrei da raccontare? Per fortuna ci sono, e per fortuna non sempre amano le mie canzoni. Per me la musica nasce da uno scambio: a volte è positivo, altre volte uno scontro. Ma è proprio da questa diversità che può nascere qualcosa di unico. E poi, nella musica, alla fine facciamo tutti pace. Non abbiamo più orientamento politico, squadra del cuore, titolo di studio. O meglio, restano, ma per tre minuti li mettiamo da parte per stare insieme.

Hai dei progetti che vorresti condividere?

Il 9 maggio avrò il piacere di cantare all’Idol Music Festival — il festival di Lodi, la mia città. Sarò con la band e ci stiamo inventando qualcosa di unico. Mi hanno già scritto tanti amici e fan che passeranno a sentirci, e io non sto nella pelle. Non vedo l’ora di salire su quel palco.