RIP il suono di una generazione fragile e intensa

Il 7 marzo hanno pubblicato il loro primo EP, Chi prende la colpa, un viaggio tra stati d’animo contrastanti, tra momenti di amore e separazione, lotta e resa

Tra la techno berlinese, l’elettronica londinese, il cantautorato italiano si trova RIP, il duo composto da Pierpaolo Saccomandi e Raffaele Lombardo, che attraverso la loro musica raccontano le difficoltà e i sentimenti della loro generazione, tra malinconia, speranza e disillusione.

Nati quasi per gioco nel 2023, spinti dalla noia e dalla voglia di sperimentare, in poco tempo sono approdati su palchi importanti come il Primavera Sound Festival di Barcellona e il Fabrique di Milano, dove hanno aperto il live dei The Blaze.

Il 7 marzo hanno pubblicato il loro primo EP, Chi prende la colpa, un viaggio tra stati d’animo contrastanti, tra momenti di amore e separazione, lotta e resa. Sei tracce – cose belle, io fotografo i miei amici, pistola, Rolex falsi, +niente e F1P – che trasformano la musica in un rifugio collettivo, un luogo sospeso tra introspezione e danza, in cui il dancefloor diventa un momento di stasi condivisa.

L’immagine di copertina è un morso lasciato sulla pelle: «Per noi rappresenta alla perfezione il voler lasciare un segno quando te ne vai». Un simbolo forte e diretto, proprio come la loro musica, che nasce dal bisogno di imprimere qualcosa di indelebile nel tempo. Un segno che rimane, come le istantanee evocate dai testi (Non riconosco più le cose belle / Io fotografo i miei amici perché ho paura di perderli), in bilico tra memoria e perdita, tra passato e futuro.

A marzo RIP torna sul palco con due live speciali per presentare il nuovo EP dal vivo: il 13 marzo a Milano, al Detune, e il 22 marzo a Roma, a La Redazione. Due occasioni per portare la loro energia e trasformare le emozioni dell’album in un’esperienza collettiva.

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RIP, foto di Mirko JJ Ostuni

«Abbiamo scelto, prima di ogni cosa, di portare con noi la musica: sembrerà banale ma è il punto centrale di tutta la nostra esistenza, la benzina per il nostro motore e, appunto una delle nostre certezze»

Come nasce RIP? Qual è stato il punto di partenza del vostro progetto e da dove arriva il nome del duo?

Come nelle più grandi storie dell’umanità nasce tutto dalla noia. In un periodo di rehab emotivo e vicinanza avevamo finito i film da vedere, le canzoni da ascoltare, i musei da visitare ecc… Quindi perché non aprire Ableton? Dopo aver chiuso qualche canzone, abbiamo avuto la possibilità di esibirci su diversi stage, quindi dovevamo trovare un nome in fretta, il nome instagram di Raffaele era Ripragel, e quindi abbiamo pensato “perché non RIP?”.
Ora la grande menzogna è dire che “rip” sia la traduzione di “strappare”.

Come lavorate insieme nella scrittura dei brani? Il processo creativo per voi è spontaneo o ci sono momenti di confronto e scontro?

Il nostro approccio alla scrittura è cambiato spesso negli anni, ed è sempre una carta campione del nostro rapporto e delle nostre emozioni. Ci sono pezzi che abbiamo scritto e chiuso in una giornata, altri che abbiamo trascinato per mesi, alcuni che abbiamo scritto in sezioni separate (ad esempio la prima parte è scritta quasi interamente da uno di noi e la seconda dall’altro e viceversa). Senza scontro non c’è incontro.

In Chi prende la colpa parlate di passaggi di vita complessi. C’è stato un momento in cui avete capito cosa lasciare andare e cosa portare con voi? E c’è una canzone che vi ha aiutato a capirlo?

È una sfida quotidiana: ogni giorno facciamo i conti con i rimpianti, le scelte di vita, di crescita, di lavoro. A volte sembra un salto nel vuoto ma basta essere ben centrati e avere ben a mente le proprie certezze. Abbiamo scelto, prima di ogni cosa, di portare con noi la musica: sembrerà banale ma è il punto centrale di tutta la nostra esistenza, la benzina per il nostro motore e, appunto una delle nostre certezze. Sul resto cerchiamo di non fossilizzarci perché stiamo realizzando che tutto è molto volatile, questo concetto si può trovare in brani come Made to Stray dei Mount Kimbie o From the Sea/it Looms Chapter I & II di Leon Vynehall.

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RIP, foto di Erica Bellucci

«La copertina per noi rappresenta alla perfezione il voler lasciare un segno quando te ne vai, nonostante andarsene faccia paura e sia un salto nel vuoto»

Come avete immaginato e realizzato la copertina dell’EP? Che significato ha per voi?

Ci siamo scervellati mesi cercando di capire quale fosse la scelta giusta, poi abbiamo visto una foto tratta dalla tesi di laurea di Erica Bellucci e siamo stati subito convinti, nonostante avessimo fatto altre prove. Per noi rappresenta alla perfezione il voler lasciare un segno quando te ne vai, nonostante andarsene faccia paura e sia un salto nel vuoto.

Nei vostri testi si percepisce spesso una certa malinconia. È un’emozione che sentite davvero vostra? La vivete come qualcosa di positivo o negativo?

È un’emozione che ci tormenta e insegue fin dall’alba dei tempi, forse qualcosa di atavico dentro di noi. Cerchiamo di non definire questa roba poiché fa parte della vita, quindi proviamo a usare questo bagaglio in modo positivo: ci consoliamo, ci capiamo, ci parliamo, esorcizziamo scrivendo musica.

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RIP, foto di Erica Bellucci

«Per la nostra esperienza aprirsi e condividere i propri drammi con le persone che abbiamo intorno è la strada giusta, e siamo grati di avere la possibilità di poterlo fare attraverso la nostra musica»

Nel vostro immaginario, il dancefloor diventa una sorta di rifugio collettivo. Secondo voi, cosa racconta oggi il clubbing sulla fragilità della nostra generazione?

Un viaggio: fuori dalle nostre realtà, un luogo sicuro, parti del mondo che possiamo solo immaginare, un rifugio fatto di luci e corpi, nel quale la propria singolarità lascia il posto, appunto, ad una emozione collettiva. Forse quella di cui facciamo parte è una generazione molto in contatto con la propria interiorità, che spesso può diventare una caverna platonica in cui si rimane intrappolati, quello che è fuori da noi diventa spaventoso, pericoloso. Per la nostra esperienza aprirsi e condividere i propri drammi con le persone che abbiamo intorno è la strada giusta, e siamo grati di avere la possibilità di poterlo fare attraverso la nostra musica, e di permettere a chi viene a sentirci di potersi sentire parte di una grande famiglia.

La techno berlinese, l’elettronica londinese, il cantautorato italiano… Se doveste descrivere RIP come un luogo fisico, che spazio sarebbe?

È casa di Pierpaolo, casa di Raffaele, è Roma, Sorrento, Abruzzo, Parigi, New York. Tutto questo elenco per dire che RIP è il nostro spazio personale e sicuro, nessuno può entrarci o interferire, non delle persone, non il tempo, non i chilometri. Ovunque noi saremo RIP sarà un luogo che rifletterà il nostro rapporto e la nostra passione verso la musica che amiamo.

Avete già suonato in contesti importanti come il Primavera Sound e il Fabrique. Come vi state preparando per le date di Milano e Roma? Cosa vi aspettate da questi live in cui suonerete per la prima volta l’EP?

“Siamo molto contenti di fa shta sfilata.”

RIP, foto di Erica Bellucci