Sofia D’Elia e i sogni che nascono dalla felicità

Un viaggio alla scoperta dei ruoli chiave interpretati dalla giovane attrice, da "Lucania" a "Folle d’amore: Alda Merini". La cultura? Un importante strumento di emancipazione

Un amore per il cinema che nasce da molto piccola, quando recitava a memoria le battute dei suoi cartoni animati preferiti, oppure quando, insieme ai suoi fratelli, amava ricostruire personaggi realmente esistiti o inventati attraverso scenografie e costumi. La giovane attrice Sofia D’Elia si racconta partendo da Bari, la sua città natale, sbarcando poi sul set di importanti produzione cinematografiche. «La recitazione è un misto di istinto, talento e di metodi di recitazione» ha raccontato Sofia D’Elia. La sua carriera, infatti, è il frutto di anni di studio nel campo della recitazione, in particolare del Metodo Stanislavskij secondo il quale, per costruire un personaggio, bisogna attingere dalle proprie emozioni.

Sofia D’Elia e una carriera che parte dalle fiction per arrivare al cinema

Il primo vero ruolo arriva nel 2017 nella fiction Rai Il Capitano Maria diretto da Andrea Porporati, mentre l’ingresso nel mondo del cinema avviene con Lucania di Gigi Roccati. Incontro importante per la sua carriera è quello con il regista Roberto Faenza che, nel 2020, le propone di recita nel suo film Hill of Vision interpretando l’amica d’infanzia del Premio Nobel Mario Capecchi. Il film è ambientato negli anni della guerra, e questo ha significato chiedersi, da interprete, come immedesimarsi in una ragazza piena di sogni ma circondata al tempo stessa dalla paura e dalla morte. Un anno dopo Lorenzo Tiberia decide di chiamarla a ricoprire il ruolo di Ester nel suo film Tutù. Il tema affrontato è quello dei disturbi alimentari, e Sofia ha ammesso di aver interpretato ben due ruoli, da un lato infatti la parte che voleva salvarsi, dall’altro invece quella parta che non riusciva a rialzarsi.

Sofia D’Elia, un incontro a distanza con Alda Merini e con la felicità

Nel 2022 torna a recitare per il regista Roberto Faenza nel suo film Folle d’amore: Alda Merini interpretando la poetessa negli anni dell’adolescenza. Per questo ruolo, Sofia porta sullo schermo una giovane Alda sensibile, malinconica e solitaria, che fin da bambina amava la musica e la poesia. Alla domanda di cosa l’avesse maggiormente colpita di questo straordinario personaggio, Sofia ha risposto la sua lotta per il diritto allo studio. Sono infatti anni in cui alle donne è rilegato un ruolo marginale nella società, ovvero quello di essere solo mogli e madri, portato avanti spesso dalle stesse madri, entrando anche in conflitto con le figlie qualora queste avessero voluto provare a realizzarsi attraverso lo studio e il lavoro. Per poter restituire un personaggio il più possibile veritiero, Sofia ha lavorato sullo sguardo, sulla camminata e sugli stati emotivi che, a causa di una patologia di bipolarismo scoperta solo in seguito, oscillavano da uno stato di gioia a momenti di forte malinconia. «Alda mi ha insegnato che i sogni nascono dalla felicità».

Nonostante la sua giovane età, ad oggi sono diversi i riconoscimenti ricevuti da Sofia da parte della critica, vedi Best Actress al Fernando Di Leo Short Film Festival, Migliore Giovane Attrice al Heart International Film Festival e Migliore Attrice rispettivamente al San Benedetto Film Festival, Non Ti Conosco Film Festival e al Salus Cine Festival. Grazie alla sua recitazione, infatti, Sofia D’Elia è riuscita a trovare un modo per esprimersi liberamente, soprattutto nella prima parte della sua adolescenza di ragazza sensibile e fragile. Il giudizio degli altri è qualcosa che ancora non riesce a lasciarsi alle spalle, ma come ha ammesso lei stessa: «Viviamo in una società piena di maschere, quindi essere un volto è difficile».

Sofia D'Elia
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«Ad un certo punto era forte l’idea e il desiderio di sperimentare il cinema non solo da telespettatrice ma anche nell’interpretarlo»

Quando nasce il tuo amore per il cinema e per la recitazione? Quale percorso di studi hai invece intrapreso per diventare attrice? 

Nasce prestissimo, all’età di 9 anni. Allora mi piaceva tantissimo guardare film e serie fantasy che mi trasportavano in spazi diversi e lontani. Da piccola ero molto legata a questo genere, e ad un certo punto anche all’horror. Mi capitava spesso infatti, di nascosto ai miei genitori, di guardarmi un horror per la curiosità verso l’ignoto, la tensione seguita dalla sensazione di sollievo. Poi man mano l’amore per i film drammatici. Mi piaceva anche farmi trasportare da musical, film con abiti d’epoca e film su personaggi realmente esistiti. Ad un certo punto era forte l’idea e il desiderio di sperimentare il cinema non solo da telespettatrice ma anche nell’interpretarlo, e di lì ho iniziato a seguire corsi di recitazione e di canto, prima solo leggero e poi anche canto lirico. Ho frequentato per un periodo un’accademia di cinema e canto, frequentato scuole di recitazione e workshop di cinema e poi le prime esperienze sul set che sicuramente mi hanno insegnato tantissimo, soprattutto perché da subito ho avuto il privilegio di lavorare per un grande maestro come Roberto Faenza. Da allora ho continuato, e interpretare un ruolo è diventato per me anche un luogo ed uno strumento con cui non avere paura di esprimere qualsiasi emozione e sentimento in totale libertà. 

Sei una studentessa lavoratrice. Come riesci ad organizzarti tra vita personale, impegni scolastici e set cinematografici? 

Avendo conosciuto il set da bambina, ho imparato ad organizzare fin d’allora il tempo, scandendo i momenti della giornata, tutto questo con impegno e sacrificio, ma anche con quell’adrenalina che ti fa sentire soddisfatta e sempre piena di voglia di andare avanti nel percorso. La recitazione e il canto hanno sempre fatto parte di me e, nello stesso tempo, a scuola ho sempre preteso tanto da me stessa. Se quello che fai lo ami, non può mai diventare un peso, anzi, diventa motivo e desiderio di realizzarti, e quest’amore che hai per quello che fai ti fa anche capire l’importanza di una formazione completa e quindi anche della scuola. Acquisisci la consapevolezza che studiare la teoria di un filosofo, piuttosto che di un altro che, al momento potrebbe sembrare noioso, diventa invece utile ed indispensabile nella vita e nel lavoro. Ecco, chi inizia da ragazzino il percorso dell’attore, che può essere anche quello dello sportivo, cresce magari con un senso di responsabilità maggiore perché già da piccolo deve imparare a gestirsi e dividere il proprio tempo tra studio scolastico ed altro. Per quanto riguarda la vita personale, in termini di socialità, beh quella spesso è penalizzata, si cerca però di migliorare la qualità del tempo da trascorrere con gli amici anziché la quantità.  

Sofia D'Elia
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«[…] ho cercato di capire ed immaginare quali possano essere i pensieri, le sensazioni e le paure di un’adolescente»

Quale genere cinematografico senti a te più affine, e perché? 

Ho sicuramente una particolare passione per i ruoli drammatici, ma considero ogni genere un’opportunità preziosa per comunicare messaggi significativi, perché la storia che ogni film racconta regala sempre punti di riflessione indipendentemente dal genere. Certo, drammatici, biografici, storici, thriller psicologici e horror fantasy sono sicuramente i generi che più mi appassionano ed in cui più mi ritrovo. 

Hai recitato in Hill of visionCome è stato ritrovarsi a interpretare un ruolo ambientato negli anni della guerra? C’è qualcosa che ti è rimasto maggiormente impresso? 

Allora, innanzitutto devo ringraziare Roberto Faenza per avermi dato la possibilità di aver lavorato con lui sia in Hill of vision che Folle d’amore: Alda Merini, perché questo ha significato per me avere un grande maestro con cui sentirmi sicura e consapevole in ogni scena. In entrambi i set l’aspetto che più ho apprezzato è stato il modo in cui mi ha permesso di dialogare e discutere sulle scene, coinvolgendomi sempre. L’interpretazione di Frank nel biopic Hill of vision è stata di grande impatto da un punto di vista emotivo. Poi aver lavorato per una produzione con pluripremiate come Elda Ferri e Milena Canonero più volte Premio Oscar è stato davvero emozionante. Partecipare alla ricostruzione della vita di un Premio Nobel, che da vagabondo, in tempi di guerra, diventa in seguito un importante scienziato e di cui nell’adolescenza io sono la migliore amica, è stato molto significativo per me. Per entrare nel personaggio, ho cercato di capire ed immaginare quali possano essere i pensieri, le sensazioni e le paure di un’adolescente in un periodo di guerra e soprattutto in che modo, nonostante la paura, si può riuscire a trovare un piccolo angolo di felicità e qualcosa in cui credere. Forse è proprio questo che più mi è rimasto di questo film. L’idea di un’adolescente che ha il diritto di vivere e sognare ma che la guerra le toglierà.   

Quali sono gli attori e/o attrici ai quali ti ispiri nel tuo lavoro, sia italiani che stranieri? 

Le attrici a cui mi ispiro maggiormente sono Natalie Portman, Keira Knightley e Winona Ryder, ognuna per motivi diversi. Natalie Portman per la sua versatilità e intensità interpretativa, Keira Knightley per l’eleganza e la naturalezza con cui affronta ruoli storici e contemporanei, Winona Ryder per il suo stile unico e la capacità di dare profondità anche ai personaggi più complessi, e Alba Rohrwacher per la sua abilità di trasmettere emozioni autentiche attraverso il linguaggio del corpo, il viso e la voce. Tra gli attori mi piace molto Fabrizio Gifuni per la cura e le sfumature psicologiche dei suoi personaggi.   

Sofia D'Elia
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«Lo studio di questo personaggio vissuto in tempi diversi, mi ha insegnato a distinguere il valore delle parole che mi sembra diverso rispetto ai giorni nostri»

Hai interpretato una giovane Alda Merini nella fiction Folle d’amore: Alda Merini. Che ricordi hai di questo periodo sul set? Cosa hai imparato da questa donna straordinaria? 

Quando ho saputo di essere stata scelta per questo ruolo, oltre all’immensa gioia, ho anche provato timore trattandosi di un personaggio così importante nell’ambiente letterario. Un personaggio dalla vita romanzesca diviso tra genio e follia che mi ha affascinato soprattutto perché mi ha sempre incuriosito come un disagio mentale possa diventare una fonte così importante di ispirazione. Lo studio di questo personaggio vissuto in tempi diversi, mi ha insegnato a distinguere il valore delle parole che mi sembra  diverso rispetto ai giorni nostri. Mentre Alda Merini pensava e scriveva perché ne sentiva quasi il bisogno, e la priorità era quella di esprimere uno stato d’animo, attualmente, soprattutto tra noi giovani, quando si scrivono dei pensieri, dei testi musicali o dei contenuti qualsiasi, ci si preoccupa essenzialmente di quanto potrebbe avere successo questo contenuto prima ancora di riflettere sul pensiero stesso.

Quale tua interpretazione ha lasciato un segno indelebile nel tuo percorso artistico? Esiste un personaggio al quale senti di essere legata ancora oggi?

Ogni set, ogni film lascia sempre un ricordo indelebile con grandi momenti di nostalgia. Ogni sfumatura del carattere del personaggio interpretato lascia un segno e arricchisce la personalità dell’attore. Custodirò per sempre qualcosa di tutti i ruoli che ho interpretato e sto interpretando, è inevitabile. Alda Merini è sicuramente un personaggio che mi ha lasciato un segno molto forte, mi ha affascinato il rapporto intimo che aveva con la scrittura, considerata come una sorta di terapia di psicoanalisi. La scrittura aveva un valore liberatorio.

«Per quanto riguarda un nuovo eventuale ruolo da interpretare, mi piacerebbe molto insistere sul richiamo della forza femminile»

Con quali registi ti piacerebbe collaborare? C’è un ruolo invece che ti manca e che invece piacerebbe portare sul grande schermo? 

Mi piacerebbe molto lavorare per Luca Guadagnino perché i suoi film spesso esplorano temi legati al desiderio, all’identità e alle dinamiche emotive complesse. Per quanto riguarda un nuovo eventuale ruolo da interpretare, mi piacerebbe molto insistere sul richiamo della forza femminile dando alla donna però non una posizione in una categoria da proteggere, perché considerata debole e bisognosa di difesa, ma conferendole una identità in cui non deve dimostrare, giustificarsi e affannarsi per quello che invece dovrebbe essere ovvio e scontato. 

Ti andrebbe di condividere con noi un tuo futuro progetto?

Certo, allora per quello che mi è autorizzato dire, sarò Anna in un film la cui regia è di Cristina Ducci e dove la vita di Rosario, il protagonista di cui sono la fidanzata, viene sconvolta dal trasferimento in una nuova città e si intrecciano complesse dinamiche familiari. Sarò invece Sofia, una ragazza ebrea nel film Albula di Fabio Schifino, al fianco di una giovane rifugiata siriana. A breve invece registrerò delle scene per un film top secret diretto da una regista internazionale, mentre dopo l’estate parto per le riprese di un altro film cinema, Ting, diretto da Maximilien Dejoie che racconta un’inquietante storia di formazione con elementi horror, ambientata sullo sfondo dell’Italia settentrionale del 1918, devastata dalla Prima Guerra Mondiale. Io sarò Marilì, la protagonista, il cui personaggio è un esempio di resilienza. 

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Credits

Photographer Jacopo Gentilini

Stylist Stefania Sciortino

Hairstylist & Make Up Artist Lorena Leonardis