Sophie Auster racconta “Milk for Ulcers” tra suoni, ferite e visioni future

La cantautrice statunitense torna con un album che si muove tra rabbia, nostalgia e delicatezza. Con la consapevolezza di chi sa che alcune ferite non guariscono mai del tutto, ma possono diventare parte di una nuova narrazione

Sophie Auster è una di quelle artiste che sembrano nate per attraversare i confini: quelli tra musica e letteratura, tra introspezione e ironia, tra le luci della moda e l’ombra delle emozioni più profonde. Figlia degli scrittori Paul Auster e Siri Hustvedt, cresce in una casa abitata da parole e arte, dove musicisti e creativi erano presenza quotidiana. Inizia a cantare a otto anni, firma il suo primo contratto discografico da giovanissima con l’etichetta francese Naive Records e da allora costruisce un percorso personale, sofisticato e libero dalle logiche dell’industria

La sua carriera si muove tra album acclamati, premi internazionali – come il John Lennon Songwriting Contest per Little Bird e il riconoscimento come “Singer of the Year” di Cosmopolitan Spagna – e incursioni nel mondo della moda, con collaborazioni con maison come Chanel, Dior e Ferragamo. La sua musica è stata scelta anche per il cinema, come nel caso del brano Mexico inserito nella colonna sonora del film The Jesus Rolls di John Turturro.

Oggi, Auster torna con Milk for Ulcers, un disco che unisce dolore e speranza, perdite familiari e nuovi inizi. Anticipato dai singoli Look What You’re Doing to MeFlying Machine e Heartbreak Telephone – quest’ultimo, un sorprendente brano indie Nu-Disco – l’album si muove tra rabbia, nostalgia e delicatezza. Con la consapevolezza di chi sa che alcune ferite non guariscono mai del tutto, ma possono diventare parte di una nuova narrazione.

Abbiamo incontrato Sophie per parlare del suo nuovo lavoro, della sua visione dell’arte in un mondo che corre veloce, e di ciò che resta quando si sceglie di non avere paura di sentire davvero.

«[…] Milk for Ulcers. Mi è venuto in mente in una notte d’estate, mentre io e la mia famiglia eravamo riuniti intorno al tavolo»

Milk for Ulcers è un titolo evocativo e significativo. Quando hai capito che era il nome perfetto per questo album?

Prima ancora di iniziare a scrivere l’album, sapevo di volerlo intitolare Milk for Ulcers. Mi è venuto in mente in una notte d’estate, mentre io e la mia famiglia eravamo riuniti intorno al tavolo sul terrazzo del nostro giardino. Stavamo discutendo di metodi di guarigione antiquati e ho pensato che Milk for Ulcers potesse essere un titolo interessante per un album. Quando il disco ha iniziato a prendere forma e una tragedia personale ha colpito la mia vita, ha assunto un nuovo significato.

Le canzoni di questo album esplorano il dolore della perdita e la gioia di una nuova vita. Qual è stato il momento più intenso per te durante il processo di scrittura?

Scrivere Blue Team due settimane prima che mio padre morisse è stato estremamente doloroso, ma sono così felice che abbia potuto ascoltare la canzone a lui dedicata e l’intero album.

Heartbreak Telephone ha un caratteristico suono indie Nu-Disco. Come hai scelto questa direzione sonora e che ruolo ha questo brano nell’equilibrio emotivo di Milk for Ulcers?

Heartbreak Telephone parla delle prove e delle tribolazioni degli appuntamenti e poi finalmente dell’incontro con qualcuno di cui ci si innamora. Avevo registrato una versione di questa canzone che suonava quasi indie rock, ma ho deciso che non era l’atmosfera della canzone. Ho pensato che un accenno al soul e alla disco fosse l’atmosfera giusta.

«Credo che le persone interessate alla mia musica siano anche interessate ad ascoltare gli album dall’inizio alla fine»

Blue Team è un omaggio a tuo padre, Paul Auster. Cosa ha significato per te poterlo far ascoltare a lui prima che morisse?

Significa molto per me. Sono davvero grata che abbia potuto ascoltare l’album completato.

Nel mondo di oggi, fatto di emozioni veloci e contenuti fugaci, la tua musica sembra una resistenza a questa tendenza. Pensi che il pubblico sia ancora disposto a fermarsi e ad ascoltare veramente?

Credo che le persone interessate alla mia musica siano anche interessate ad ascoltare gli album dall’inizio alla fine. Penso anche che le tendenze siano cicliche e che ci sia sempre un contraccolpo al clip di 10 secondi.

Se dovessi riassumere il percorso emotivo di Milk for Ulcers in tre parole, quali sarebbero?

Dolore, ricerca, speranza.

Guardando indietro alla sua carriera, c’è stato un momento determinante in cui ha capito che la musica sarebbe stata la sua strada per sempre?

Dopo l’uscita del mio primo album, ho capito che la mia strada era quella di essere un cantante e un autore.

«Cerco di vestirmi con semplicità e raffinatezza, e questo album è abbinato nella produzione e negli arrangiamenti»

La tua musica è stata inserita in colonne sonore di film, come Mexico in The Jesus Rolls di John Turturro. C’è un film recente in cui ti sarebbe piaciuto inserire una delle tue canzoni?

Sì. Mi sarebbe piaciuto sentire le mie canzoni nel recente film The Assessment.

Hai collaborato con marchi di moda iconici come Chanel e Dior. C’è un legame tra la tua estetica musicale e il tuo stile personale?

Cerco di vestirmi con semplicità e raffinatezza, e questo album è abbinato nella produzione e negli arrangiamenti e credo che le due cose si completino a vicenda.

Dopo Milk for Ulcers, cosa immagini per il futuro? Hai già in mente nuove sonorità o direzioni artistiche?

Credo che mi piacerebbe scrivere un album sul diventare madre.

Foto di Spencer Ostrander