Ascanio racconta “Milano Brindisi”, il viaggio senza compromessi del suo nuovo singolo

Dopo i brani di successo "Margot", "Mood" e "Tutta Rosa", Ascanio presenta il suo ultimo progetto musicale dal titolo "Milano Brindisi", una dichiarazione d'amore tra distanza, desiderio e speranza

Classe 2003, salentino di nascita e cittadino della musica per vocazione, Ascanio – al secolo Andrea Ascanio – ha imparato presto che per stare su un palco non basta il talento: ci vuole fame, dedizione e una buona dose di ostinazione. Dopo gli esordi giovanissimo a Ti Lascio una Canzone e un tour negli Stati Uniti, ha affinato la sua cifra cantautorale mescolando pop e indie con testi che fotografano emozioni quotidiane e lampi di ironia. Con singoli virali come MargotMood e Tutta Rosa, ha conquistato prima TikTok e poi le piattaforme, mentre l’esperienza ad Amici gli ha dato una vetrina nazionale. Ora, con Milano Brindisi – un crescendo pop-soul che parte intimo e si apre in un coro gospel — Ascanio mette in scena la sua dichiarazione d’amore più diretta, tra distanza, desiderio e la speranza che certe cose non cambino mai. Un brano che segna non solo un nuovo capitolo musicale, ma anche un viaggio personale verso una maturità artistica sempre più riconoscibile.

Ascanio "Milano Brindisi"
Ascanio

«Milano è la città dove cerchi di costruirti un futuro, Brindisi, il Salento, invece è dove lasci quello che eri, o che sei ancora»

Milano Brindisi è un titolo evocativo: rappresenta un viaggio fisico, emotivo o entrambe le cose? E perché proprio queste due città?

Entrambe, decisamente. È un viaggio fisico che ho fatto tante volte, ma ogni volta portava dietro un peso diverso. Milano è la città dove cerchi di costruirti un futuro, Brindisi, il Salento, invece è dove lasci quello che eri, o che sei ancora. Sono due luoghi che per me rappresentano il conflitto tra la testa e il cuore.

Nel brano si percepisce una forte tensione emotiva che esplode in un coro gospel. Come hai lavorato alla costruzione sonora ed emotiva del pezzo?

L’idea iniziale era quella di mantenere il pezzo molto essenziale, quasi come una confessione. Ma sentivo che serviva un’esplosione emotiva, qualcosa che desse voce a un sentimento che da solo non bastava a contenere. Il coro gospel è arrivato quasi in maniera naturale: dà respiro, potenza, ma anche una sorta di spiritualità che completa il racconto.

Hai detto che questo singolo parla di riconquistare una ragazza: quanto c’è di autobiografico e quanto invece è fiction?

Diciamo che parte tutto da qualcosa che ho vissuto. Magari i dettagli cambiano, ma l’emozione è reale. Più che raccontare una storia d’amore in senso stretto, volevo raccontare quel momento in cui ti rendi conto che hai perso qualcosa di importante… e non sai se puoi ancora recuperarlo.

La frase “Spero che non cambierai mai” suona come un mantra. C’è qualcosa che temi possa cambiare nella tua vita, ora che la tua carriera sta iniziando a prendere forma?

Quella frase l’ho scritta pensando a una persona, ma alla fine mi sono reso conto che parla anche un po’ di me. Ho paura di cambiare nel senso di perdere certi punti fermi: la semplicità, l’entusiasmo delle piccole cose, il modo istintivo con cui mi approccio alla musica. In questo periodo succedono tante cose nuove e belle, e mi sto mettendo alla prova ogni giorno, ma dentro di me spero di restare sempre quello che scrive canzoni perché ha bisogno di farlo, non perché “deve”. È un pensiero che mi tengo stretto.

«Ogni tappa mi ha lasciato qualcosa, ma adesso ho voglia di costruire una strada che mi somigli davvero»

Hai esordito giovanissimo e fatto esperienza in TV, negli USA, nei talent, e ora sei sulla scena indie-pop: come sei cambiato artisticamente in questi anni?

Ho imparato a non voler piacere a tutti. Prima volevo dimostrare qualcosa, ora voglio solo essere onesto con la musica che faccio. Ogni tappa mi ha lasciato qualcosa, ma adesso ho voglia di costruire una strada che mi somigli davvero, anche se magari è più lenta.

Il tuo linguaggio musicale mescola pop, soul, gospel e indie: quali artisti ti hanno influenzato di più in questa evoluzione?

Sicuramente artisti che mettono l’anima al primo posto. Tipo Bruno Lauzi, ma anche Frah Quintale, Jovanotti, o Bon Iver. Mi piace quando la musica ti spiazza e ti consola allo stesso tempo.

Dopo Margot e il successo su TikTok con brani come Tutta Rosa, senti la pressione di dover replicare quei numeri o cerchi altro dalla tua musica oggi?

La pressione si sente, anche perché oggi tutto si misura con i numeri. Ma provo a ricordarmi che Margot è uscita senza aspettative e ha trovato il suo pubblico lo stesso. Quindi adesso cerco di concentrarmi sulla musica, non sul risultato. Anche se, certo, quando una cosa va bene ti chiedi se succederà ancora.

Nei tuoi testi usi spesso metafore audaci e situazioni quotidiane: scrivi di getto o lavori molto sulla scrittura? Hai qualche rituale creativo?

Scrivo di getto, ma poi ci torno sopra tantissimo. A volte cambio una parola per giorni. Ho il telefono pieno di note strane, e spesso parto da una frase ascoltata per caso. Mi ispirano le cose piccole, i dettagli. Non ho veri rituali, ma scrivo spesso in macchina, mi fermo e cerco di osservare tutto quello che mi circonda.

«Artisticamente mi piacerebbe continuare a sperimentare, crescere, imparare… senza perdere la spontaneità»

Hai parlato spesso dell’importanza del contatto con i fan. Cos’è la cosa più bella o inaspettata che ti ha detto uno di loro?

Una volta un ragazzo mi ha scritto che ascolta le mie canzoni in macchina con suo padre, anche se hanno gusti diversi. Mi ha colpito perché non è una roba da playlist virale, è proprio condivisione vera. Mi ha fatto capire che la musica può unire anche in modi che non ti aspetti.

Guardando al futuro: se Milano Brindisi fosse solo la prima tappa di un viaggio, dove ti immagini diretto artisticamente e personalmente?

Faccio fatica a immaginarmi troppo avanti, perché cerco di vivere questo percorso un passo alla volta. Milano Brindisi è un punto di partenza, sì, ma anche un modo per mettere ordine dentro di me. Artisticamente mi piacerebbe continuare a sperimentare, crescere, imparare… senza perdere la spontaneità. Personalmente spero di restare curioso, di non smettere mai di farmi domande. Se c’è una meta, forse è questa: riuscire a raccontare quello che vivo in modo sincero, e magari far sentire qualcuno un po’ meno solo, ascoltando le mie parole.