Cinema come specchio rotto: i nuovi registi che riscrivono la realtà

Il cinema contemporaneo abbandona la linearità e si specchia in una realtà frammentata. Una nuova ondata di registi riscrive le regole del racconto visivo

C’è una nuova generazione di registi che ha dato una scossa alla sceneggiatura tradizionale. Il racconto su cinepresa non segue sequenze di narrazione classiche, con un inizio, uno sviluppo e una fine. La costruzione di una storia è meno lineare, e traccia percorsi non netti. Il cinema somiglia sempre più a uno specchio rotto, che non è più una fedele e diretta testimonianza della realtà per come la vediamo. Come uno specchio che si frantuma in tanti piccoli pezzi, così il cinema va a rappresentare ciò che è intorno a noi in modo disgregato.

Gloria! di Margherita Vicario © tempesta srl – Veronica Lucchesi (Bettina), Galatea Bellugi (Teresa), Maria Vittoria Dallasta (Marietta). 
Gianluca Palma, direttore della fotografia per le scene di Gloria!

Molteplicità di sguardi: una realtà caleidoscopica

Può sembrare una lettura del mondo caotica, ma regala una visione più esauriente del presente. La molteplicità di prospettive e di punti di vista soggettivi ci permette di interpretare e di conoscere il reale in maniera più completa. Osservare da più parti lo stesso fenomeno ci aiuta a comprenderne aspetti che, a un fugace e unitario sguardo, risultano impercettibili. Spesso queste narrazioni frantumate non seguono un ordine cronologico, e riflettono ciò che avviene nella mente umana, tortuosa e contorta, dove il tempo si distorce e va a confondersi con i ricordi e l’inconscio. Il tempo non è più una tela su cui il regista tesse le sue immagini ordinatamente, ma diventa un flusso di coscienza, scompigliato e non filtrato. D’altronde la società moderna mette in crisi la visione oggettiva e rifiuta qualsiasi categorizzazione. Non esiste una sola verità, l’identità diventa fluida e il passato si trasforma per raccontare il presente.

Gloria! di Margherita Vicario © tempesta srl – Carlotta Gamba (Lucia), Maria Vittoria Dallasta (Marietta), Paolo Rossi (Perlina), Sara Mafodda (Prudenza), Veronica Lucchesi (Bettina).
Gianluca Palma, direttore della fotografia per le scene di Gloria!

Gloria! Il femminismo in musica e costume

In tal senso Gloria!, esordio alla regia di Margherita Vicario, è un esempio evidente di come sia cambiata la percezione della settima arte. Il film mixa ambientazioni in costume e tempi storici lontani con la musica contemporanea. Canzoni che spaziano tra pop ed elettronica vengono utilizzate dalle protagoniste come strumento di emancipazione. La lotta a favore dei diritti delle donne è perenne, e non conosce un tempo specifico. Allo stesso modo nella pellicola la linearità temporale viene sovvertita. Vicario regala al pubblico una commedia femminista che è stata accolta positivamente anche dalla critica, che ha premiato Gloria! con ben tre David di Donatello.

Il segreto di Liberato di Francesco Lettieri, foto di di Eleonora D’Angelo

Francesco Lettieri: tra mito urbano e musica

Chi racconta il presente urbano con contaminazioni provenienti dai fantasmi del passato è anche Francesco Lettieri. Classe 1985, il regista napoletano fa il suo debutto sul grande schermo con Ultras. Lo scorso anno stupisce con Il segreto di Liberato, un’opera che racconta la vita del cantautore senza volto in cui mescola differenti linguaggi che spaziano tra lo stile del documentario e l’animazione. Nella sua filmografia vivono personaggi spesso ai margini, sociali o emotivi. Gli uomini di Lettieri non sono eroi, ma sono esseri umani pieni di fragilità, in crisi e cresciuti in contesti segnati da assenza di un futuro o di una guida. Lettieri nasce come regista di videoclip musicali, e questo background si respira in ogni suo film. Immagini, ambientazioni e lunghe pause sono spesso predominanti rispetto ai dialoghi. La musica non è solo contorno, ma diventa un elemento strutturale.

Ultras di Francesco Lettieri, foto di Glauco Canalis

Laura Samani e il sacro che abita il reale

Le ambientazioni in un tempo sospeso caratterizzano anche il sorprendente lavoro di Laura Samani. Samani si presenta agli spettatori con l’opera prima Piccolo corpo grazie al quale viene insignita del David come Miglior regista esordiente nel 2022. La pellicola diviene un viaggio mistico tra memoria religiosa e corpo femminile. I toni freddi e i lunghi silenzi vengono utilizzati per descrivere il paesaggio rurale circostante. Il tangibile si contrappone però al sacro, incomprensibile ed enigmatico. La lotta tra la vita e la morte, tra il reale e il trascendente, viene incarnato con forza dalla protagonista Agata. Il suo viaggio si trasforma in un atto politico di autodeterminazione che sfida patriarcato, regole e usanze religiose.

Affronta un processo di emancipazione prendendo il controllo della sua vita e abbattendo la categorizzazione sociale Zen, protagonista di Zen sul ghiaccio sottile di Margherita Ferri. L’adolescenza queer viene raccontata in una provincia immobile, visivamente glaciale. Il debutto dietro la macchina da presa di Ferri evita qualsiasi etichetta, ed è una storia intima e autentica. L’opera lascia spazio al non verbale, ed evita spiegazioni esplicite (e spesso inesatte) di un fenomeno complesso come può essere il percorso dell’adolescenza.