Gabriele Pizzurro: dal teatro al cinema, un talento in ascesa

Da Stranizza d'amuri di Beppe Fiorello, alla terza saga di 10 giorni con i suoi con Fabio De Luigi, passando per il teatro, l'attore romano racconta il suo percorso e le sue ambizioni

Da quel primo palco calcato a cinque anni con Supercalifragilistichespiralidoso fino al grande schermo con Stranizza d’amuri di Giuseppe Fiorello, Gabriele Pizzurro ha costruito un percorso segnato da versatilità e passione. Formatosi nel teatro musicale e poi approdato al cinema, l’attore romano ha già dimostrato di saper attraversare con naturalezza generi e linguaggi diversi.

«Il teatro mi ha insegnato il ritmo scenico e il contatto diretto con il pubblico, mentre il cinema mi ha dato la consapevolezza del punto di vista», ci racconta. Un bagaglio che gli è tornato utile anche per 10 Giorni con i Suoi, terzo capitolo della fortunata saga con Fabio De Luigi, nel quale interpreta Antonio, un giovane diviso tra amore e dinamiche familiari esilaranti.

Accolto calorosamente sul set, Pizzurro ha vissuto l’esperienza come «un grande pranzo della domenica pieno di piatti buonissimi e tante risate», ma senza perdere di vista la profondità del racconto, che affronta con leggerezza il tema della genitorialità e dell’accoglienza. E se il cinema lo affascina sempre di più – con un occhio a futuri ruoli drammatici e magari a un musical – la sua crescita continua anche in ambito accademico, con gli studi alla Silvio d’Amico.

Attraverso il suo percorso, Pizzurro conferma di essere un interprete in continua evoluzione, capace di adattarsi a linguaggi e generi diversi con la stessa autenticità. In questa intervista ci racconta la sua crescita artistica, l’esperienza sul set di 10 Giorni con i Suoi e le ambizioni che guidano il suo futuro nel mondo del cinema e del teatro.

Gabriele Pizzurro
Gabriele Pizzurro, photographer ADMphoto

Hai iniziato a studiare recitazione a soli 3 anni e hai calcato palcoscenici importanti fin da giovanissimo. Qual è stato il momento in cui hai capito che la recitazione era la tua strada?

In realtà, l’ho capito quasi subito. Mio padre è il direttore di due teatri a Roma, quindi ho sempre respirato quest’arte e ne sono stato affascinato fin da piccolo. C’è stato però un momento preciso in cui ho iniziato a vedere questo mestiere come quello che avrei voluto fare nella vita. Ero molto giovane, recitavo al Teatro Mancinelli di Orvieto in un musical su Mary Poppins, avrò avuto 5 o 6 anni, e ricordo perfettamente le sensazioni che ho provato salendo su quel palco: davanti al pubblico mi sentivo sereno e felice.

Hai interpretato ruoli molto diversi, dal teatro musicale al cinema. Come queste esperienze ti hanno aiutato a crescere come attore?

Sicuramente la fortuna di aver interpretato ruoli e generi così diversi mi ha aiutato tantissimo: mettersi alla prova ti fa crescere prima come persona e poi come attore. Dal musical ho imparato il senso del ritmo scenico, che ho portato anche nella commedia e che mi è stato molto utile per alcune sfumature di questo film. Dal cinema, invece, ho appreso l’importanza del punto di vista, che è un elemento centrale in un film, e sto cercando di applicarlo per quanto possibile anche nei miei lavori a teatro.

Il teatro è stato una parte importante della tua formazione. In che modo ha influenzato il tuo approccio al cinema?

L’esperienza teatrale mi ha insegnato a mantenere sempre alta la concentrazione, anche nei momenti di attesa, e a essere pronto a tutto. Inoltre, il contatto diretto con il pubblico e l’esposizione costante che il teatro richiede sono stati fondamentali per superare eventuali inibizioni sul set e per riuscire a restituire emozioni precise, anche in circostanze molto diverse da quelle richieste dalla scena.

Gabriele Pizzurro
Gabriele Pizzurro, photographer ADMphoto

Nel 2021 hai debuttato al cinema con Stranizza d’amuri come protagonista. Che differenze hai trovato nel lavorare su un set cinematografico rispetto al palcoscenico teatrale?

Stranizza d’amuri è stato il mio esordio al cinema dopo tanti anni di teatro e devo dire che le differenze che ho notato sono state moltissime. Alcune le ho già menzionate nelle risposte precedenti, ma ricordo che è stato un processo di adattamento graduale: dopo la prima settimana ero già immerso in questo nuovo linguaggio. Credo che la differenza principale tra cinema e teatro sia proprio questa, il linguaggio. Un set può essere immaginato come un grande palcoscenico, con la differenza che qui tutto è visibile: regia, macchinisti, attrezzisti, attori… Ognuno svolge il proprio lavoro davanti agli occhi di tutti, quindi inizialmente concentrarsi solo sulla propria parte può risultare un po’ complicato.

10 Giorni con i Suoi è il terzo capitolo di una saga molto amata. Come ti sei sentito a entrare in un progetto con una storia così consolidata e con un cast affiatato?

Mi sono sentito subito accolto da tutti. Devo ammettere che ero un po’ spaventato, perché sono un grande fan di Fabio De Luigi: con mia nonna guardavamo sempre i suoi film sul divano. È stato bellissimo sentire l’affetto e l’accoglienza da parte di tutto il cast. Girare questo film è stato come vivere un grande pranzo della domenica, pieno di piatti buonissimi e di tante risate.

Antonio, il tuo personaggio, si trova al centro di dinamiche familiari complesse e momenti di grande comicità. Come hai lavorato per bilanciare le sfumature comiche ed emotive del ruolo?

Antonio ha diversi punti in comune con me. Ho cercato di evidenziare quell’aspetto tipico di chi si trova in mezzo a dinamiche complicate, tra amore e famiglia, e che oscilla tra il voler dimostrare in modo emotivo quanto sia importante per lui la presenza della famiglia della sua ragazza e, allo stesso tempo, nascondere con ironia un pizzico di fastidio per la serie di incidenti che accadono nel corso della storia.

La relazione tra Antonio e Camilla è un punto centrale del film. Come hai costruito la chimica con Angelica Elli per rendere credibile il loro rapporto sullo schermo?

Conoscevo già Angelica da qualche anno, siamo amici, e sono stato molto felice di ritrovarla in questo progetto. Ci siamo divertiti a costruire un rapporto diverso da quello che abbiamo nella vita reale, lasciandoci guidare dall’istinto e dall’immaginazione. 

Gabriele Pizzurro, photographer ADMphoto

Il film è ambientato in Puglia, con i suoi paesaggi e la sua cultura che diventano parte integrante della storia. Cosa ha significato per te lavorare in questa regione e che atmosfera si respirava sul set?

La Puglia è una regione meravigliosa. Abbiamo girato immersi nel verde e circondati da focacce e pasticciotti che ci venivano offerti sul set tra una pausa e l’altra. Sono tornato a Roma un po’ più triste… e con qualche chilo in più!

Tra equivoci e momenti divertenti, il film affronta anche temi profondi legati alla crescita personale e familiare. Quale pensi sia il messaggio più importante che il pubblico porterà a casa?

Questo film porta a riflettere molto sul ruolo della genitorialità e su come sia cambiato nel tempo. Ma soprattutto trasmette un messaggio positivo, particolarmente importante in questo momento storico: al centro c’è il valore dell’accoglienza e dell’apertura verso l’altro.

Dopo questa esperienza, quali sono i tuoi progetti futuri? Hai un ruolo o un genere che sogni di esplorare come attore?

Per ora sto continuando i miei studi di recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e ho diversi spettacoli in preparazione per quest’anno. Sicuramente mi piacerebbe continuare con il cinema, perché sento che sto imparando tantissimo sui set, che sono la miglior scuola possibile. Vorrei cimentarmi in ruoli un po’ diversi da me, esplorare quella parte più nascosta che ognuno di noi ha e che raramente contattiamo.

Nonostante l’esperienza di 10 Giorni con i Suoi sia stata bellissima, mi incuriosisce l’idea di tornare a lavorare in un film drammatico. Magari, questa volta, in dialetto romano. Il mio grande sogno, però, sarebbe fare un film musical: mi piacerebbe mettermi alla prova con canto e danza anche davanti alla macchina da presa. Chissà…