Il Mago Del Gelato: un’esplorazione sonora senza confini in Chi È Nicola Felpieri?

Anticipato dai singoli Granturismo e Tic Tac (in collaborazione con Mélanie Chedeville), il primo lavoro della band milanese, uscito il 14 marzo, si distingue per la sua ricercatezza stilistica e per una scrittura che sfugge a qualsiasi definizione

Con un sound che fonde afrobeat, funk, jazz e richiami cinematograficiIl Mago Del Gelato esordisce con Chi È Nicola Felpieri?, un album che è più di un disco: è una narrazione sonora, un’esperienza caleidoscopica tra suggestioni globali e groove irresistibili. Anticipato dai singoli Granturismo, Tic Tac (feat. Mélanie Chedeville) e In Punta di Piedi (feat. Le Feste Antonacci) il primo lavoro della band milanese, uscito il 14 marzo, si distingue per la sua ricercatezza stilistica e per una scrittura che sfugge a qualsiasi definizione.

Abbiamo incontrato Il Mago Del Gelato per farci raccontare la genesi del disco, le collaborazioni e il loro legame con la dimensione live, cuore pulsante della loro identità artistica.

il mago del gelato
Alessandro Paolone, Ferruccio Perrone, Giovanni Doneda e Pietro Gregori, ph. Michele Rossetti e Mattia Chicco

«Il Felpieri è il protagonista inconsapevole di tutto l’album, non c’è ma è sempre presente, nessuno sa chi sia ma tutti lo conoscono»

Chi è Nicola Felpieri? Il titolo dell’album pone una domanda senza voler dare una risposta definitiva. Ma per voi, chi o cosa rappresenta questa figura misteriosa?

Nicola Felpieri nasce molto casualmente: eravamo alla ricerca di un nome e cognome che non esistessero, è questo è uscito praticamente subito, era destino. Il Felpieri è il protagonista inconsapevole di tutto l’album, non c’è ma è sempre presente, nessuno sa chi sia ma tutti lo conoscono. Non è una figura chiara, nitida; resta sempre nell’ombra. Alcuni brani parlano indirettamente di lui…

La domanda infatti è rivolta a voi: noi non sappiamo chi è Nicola Felpieri!

Il vostro sound è un mix unico di afrobeat, funk, jazz e influenze cinematografiche. Come siete arrivati a questa identità musicale e quali sono state le principali ispirazioni?

Il ritmo afrobeat è stato il denominatore comune che ci unito, insieme alla volontà di creare della musica che fosse coinvolgente e ballabile. Condividiamo inoltre la passione per le colonne sonore dei grandi compositori di musica per film e per il cinema italiano anni ’70, quindi è stato abbastanza naturale unire queste due ispirazioni. Ognuno di noi, inoltre, ha portato nella band il proprio gusto e un bagaglio d’esperienza molto variegato, dal progressive rock al funk, fino alla musica elettronica e al jazz. Unire tutte queste ispirazioni è stato ed è un percorso: stiamo via via esplorando mondi musicali diversi, che provengono da ognuno di noi, oppure che ci affascinano per caratteristiche in comune.

Il disco è stato registrato al Sudestudio, in un contesto bucolico e rilassato. Quanto ha influito questo ambiente sul mood e sulle sonorità dell’album?

Questo album si differenzia dal precedente E.P. Maledetta Quella Notte proprio nella scrittura e genesi dei brani: ci siamo presi un tempo specifico nel nostro studio a Milano per comporli, un altro per metterli alla prova sia dal vivo che con il nostro produttore, e un altro ancora al Sudestudio, per registrare e finalizzare in circa due settimane. I brani sono stati influenzati anche dal tour nel 2024 e da tutte le bellissime esperienze che ci ha regalato.

Al Sudeststudio abbiamo trovato uno studio incredibile e un luogo bellissimo, immerso nelle vigne. Ci hanno accolto Stefano e la sua famiglia (li salutiamo!). Nell’album ci sono strumenti e suoni che abbiamo potuto registrare soltanto lì. Abbiamo composto la maggior parte dei brani a Milano, ma registrarli lì ci ha permesso di concentrarci solo sulla musica, lasciando lontano per qualche giorno il ritmo frenetico della città. 

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Alessandro Paolone, Ferruccio Perrone, Giovanni Doneda e Pietro Gregori, ph. Michele Rossetti e Mattia Chicco

«Dopo essere tornati allo studio, in autunno, abbiamo individuato i brani su cui lavorare»

Nel disco ci sono collaborazioni con Venerus, Le Feste Antonacci e Mélanie Chedeville. Come sono nate queste connessioni artistiche e cosa hanno portato al progetto?

La volontà di collaborare Con le Feste Antonacci e Venerus è nata durante il tour estivo dello scorso anno: ci siamo incontrati sui palchi, ci siamo ascoltati e stimati a vicenda. Dopo essere tornati allo studio, in autunno, abbiamo individuato i brani su cui lavorare: molto spontaneamente con le Feste abbiamo scelto In Punta Di Piedi, brano dalle caratteristiche un po’ “disco funk”. È stato un lavoro a distanza, ma lo hanno interpretato con gusto e bravura, hanno scritto un testo che si incastra perfettamente con il ritornello e dà forza e ritmo a tutta la composizione.

Controtempo nasce da alcune sessioni in studio insieme a Venerus, nel periodo invernale. Il brano c’era già in una versione strumentale, ma il testo è nato di getto durante un pomeriggio di scrittura e ci ha convinti subito. Insieme abbiamo poi lavorato per inserirlo nel modo giusto all’interno del brano.

Il caso di Tic Tac è diverso, perchè era nostra volontà scrivere un brano appositamente per Mélanie, per la sua voce: durante la fase di scrittura del disco, avevamo ascoltato e apprezzato tantissimo il suo lavoro con Tony Allen e ci piaceva l’idea di inserire una voce femminile su un brano dal groove lento e dalle atmosfere oniriche. Siamo riusciti a contattarla ed è stato anche in questo caso un lavoro a distanza: ci ha stupito come, nonostante non ci fossimo mai visti né parlati prima, il suo intervento fosse esattamente quello che cercavamo, sembrava l’avessimo scritto insieme!

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Alessandro Paolone, Ferruccio Perrone, Giovanni Doneda e Pietro Gregori, ph. Michele Rossetti e Mattia Chicco

«Non c’è stato un solo momento di “realizzazione”, anche in questo caso è stato un percorso: all’inizio vedevamo che questa musica era coinvolgente»

In soli due anni avete attirato l’attenzione di pubblico e critica, venendo anche inseriti nella Classe 2023 di Rolling Stone. C’è stato un momento in cui avete sentito che il vostro progetto stava prendendo davvero forma?

Ricordiamo con gran piacere l’articolo su Rolling Stone, sicuramente per noi è stato un momento significativo. Non c’è stato un solo momento di “realizzazione”, anche in questo caso è stato un percorso: all’inizio vedevamo che questa musica era coinvolgente e piaceva nei concerti, quindi ci sentivamo semplicemente incoraggiati a farne altra. Poi abbiamo conosciuto Marquis, si è formato tutto il gruppo di persone che lavora con noi, abbiamo pubblicato il primo Ep, abbiamo fatto il primo tour e ora stiamo facendo uscire il nostro primo album.

Durante il tour 2024, però, abbiamo potuto toccare con mano l’affetto e il calore del pubblico in tutta l’Italia, dal vivo, nei concerti: è stato emozionante e forse proprio lì davanti a tutti voi abbiamo capito davvero cosa stava succedendo. Grazie!

Siete una band che dà grande importanza alla dimensione live. Cosa possiamo aspettarci dal tour in arrivo e come vivete il rapporto con il pubblico nei vostri concerti?

Suonare dal vivo la nostra musica è la cosa più bella che possiamo fare: vedere il pubblico e sentire l’energia che trasmette, vedere le persone ballare, cantare e stare bene insieme è incredibile e unico, ogni volta diverso. Non vediamo l’ora di partire, macinare chilometri con il furgone e suonare. Presenteremo il nuovo album in giro per l’Italia durante la primavera: partiamo il 21 marzo dall’Urban Club a Perugia e chiuderemo al MIAMI a Milano, il 24 maggio. Seguirà poi anche un tour estivo, ancora in definizione.

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Alessandro Paolone, Ferruccio Perrone, Giovanni Doneda e Pietro Gregori, ph. Michele Rossetti e Mattia Chicco

«Ci siamo conosciuti in via Padova, le nostre storie si sono incrociate allo studio La Sabbia, vicino al bar il mago del gelato»

Il vostro nome è un omaggio a un bar di via Padova a Milano, un luogo di incontro e contaminazione culturale. In che modo Milano e i suoi quartieri influenzano la vostra musica?

Via Padova è da sempre un punto di incontro tra mille genti e culture, attraversa vari quartieri ma ha una identità sua, piena di bellezza e contraddizioni. Alcuni di noi ci abitano, la attraversiamo tutti i giorni e in qualche modo ne siamo profondamente influenzati. Basta fare una passeggiata per immergersi in mondi, odori, culture e sapori diversi. Anche il nostro nuovo studio, Atelier fantasia, si trova nei pressi della via. Ci siamo conosciuti in via Padova, le nostre storie si sono incrociate allo studio La Sabbia, vicino al bar il mago del gelato. Abbiamo bevuto tanti caffè in quel bar… che non esiste più da qualche tempo, segno di una città che cambia, inesorabile e beffarda.