Andrea Verticchio e la ricerca di autenticità e libertà

Una passione per la recitazione scoperta quasi per caso, poi l'incontro con grandi maestri del cinema e del teatro. Nel ruolo di Saverio, Andrea Verticchio torna a recitare nella serie "Belcanto"

Andrea Verticchio, classe ’99, è un giovane attore di talento impegnato nel mondo del cinema, del teatro e delle serie tv. Una passione per la recitazione scoperta quasi per caso, all’età di sei anni, iniziando un corso teatrale «[…] con la promessa a me stesso che, un giorno, avrei interpretato uno scultore o un pittore». Negli anni, l’incontro con dei bravi maestri hanno poi rafforzato questo suo desiderio di diventare un attore, portando in scena storie di personaggi profondi e autentici.

La sua carriera vanta diverse collaborazioni importanti, sia sul piccolo che grande schermo. Infatti, nel 2022 interpreta il ruolo di un giovane ragazzo omicida omosessuale, emarginato e tossicodipendente, nello spettacolo In casa con Claude regia di Giuseppe Bucci. A seguire, viene scelto per interpretare il ruolo di Matteo nella terza stagione della fortunata serie Mare Fuori, un personaggio che vive in una realtà in cui «le dinamiche di potere e sopravvivenza sono estremamente forti». Nel 2024 invece, Andrea ottiene la parte nello spettacolo teatrale ANIMA E CORPO regia L. Ferrini, un progetto che porta sul palco il tema della violenza «[…] che ci riguarda tutti, anche se a volte non la riconosciamo nei suoi molteplici aspetti», ha spiegato il giovane attore.

Da lunedì 24 febbraio 2025 è in onda su Rai1 la nuova serie Belcanto che esplora le radici dell’Opera in Italia, prodotta da Lucky Red e Rai, con la regia di Carmine Elia. Tra i personaggi anche Saverio, interpretato proprio da Andrea Verticchio.

Andrea Verticchio
Andrea Verticchio

«Alla fine, ho scelto la recitazione con la promessa a me stesso che, un giorno, avrei interpretato uno scultore o un pittore»

Quando hai deciso di dedicarti alla recitazione e quale percorso hai intrapreso per diventare un attore? 

La mia passione per la recitazione nasce quando avevo 6 anni. C’è una storia che racconto sempre a riguardo: dovevo scegliere un corso extra-scolastico tra scultura, pittura e teatro, e io volevo farli tutti. Alla fine, ho scelto la recitazione con la promessa a me stesso che, un giorno, avrei interpretato uno scultore o un pittore. Da lì è iniziato tutto. Ho seguito corsi scolastici fino alla terza media e successivamente ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti come Daniela Tosco, Joanne Marie Kassimatis e, fra tutti, Saverio Deodato che ancora oggi mi segue nella mia formazione. Dopo il liceo, ho deciso di proseguire gli studi laureandomi in Arti e Scienze dello Spettacolo a La Sapienza di Roma, cercando sempre di bilanciare gli studi con il lavoro.

Parlando invece di cinema e di teatro, hai riscontrato delle differenze di approccio rispetto alla recitazione? 

Le differenze ci sono, è innegabile, soprattutto nel modo in cui si percepisce la recitazione e come il pubblico la vive. Ho sempre amato il teatro per quel contatto diretto con il pubblico, per l’energia che si scambia lì, in tempo reale. C’è un forte lavoro di immaginazione che persiste dall’inizio alla fine della rappresentazione, non solo per gli attori in scena ma anche per il pubblico che partecipa attivamente e decide chi o cosa guardare. Il cinema è un’esperienza più intima, permette di mostrare sguardi, momenti e dettagli che a teatro passerebbero inosservati.

Andrea Verticchio
Andrea Verticchio

«Credo che il messaggio finale sia che tutti, in fondo, siamo umani e vulnerabili, e che dobbiamo imparare a vedere l’altro con maggiore comprensione e meno giudizio»

Nel 2022 hai preso parte a In casa con Claude interpretando un giovane ragazzo omosessuale emarginato e tossicodipendente. Come ti sei preparato ad interpretare questo personaggio? Qual è invece il messaggio più importante di questo spettacolo? 

La preparazione per interpretare Yves è stata piuttosto intensa. Ho passato molte ore in prova, cercando con l’aiuto del regista di comprenderne la psicologia e restituirne la sua particolare visione. Ho anche cercato di frequentare ambienti e realtà che si avvicinassero a quelle vissute da Yves, per poter avere un contatto diretto con determinate sensazioni ed emozioni. Yves è un ragazzo che porta un carico emotivo molto pesante e la sua evoluzione durante lo spettacolo richiedeva una consapevolezza emotiva molto forte.

In casa con Claude trasmette un messaggio potente sulla fragilità dell’essere umano e su quanto le nostre scelte, anche quelle più estreme, siano influenzate dal contesto in cui viviamo. Mostra che la violenza, in tutte le sue forme, spesso nasce da un luogo di profonda sofferenza e disconnessione, e ci fa capire quanto sia importante l’empatia e l’ascolto nei confronti degli altri. Credo che il messaggio finale sia che tutti, in fondo, siamo umani e vulnerabili, e che dobbiamo imparare a vedere l’altro con maggiore comprensione e meno giudizio.

Come è stato interpretare un ruolo nella terza stagione di Mare fuori? C’è qualche ricordo che custodisci gelosamente ripensando a questo set?

In Mare Fuori 3 ho interpretato Matteo, un ragazzo che rimane fuori dal contesto del carcere, sebbene viva una realtà cittadina molto simile dove le dinamiche di potere e sopravvivenza sono estremamente forti. È stato interessante capire come il mio personaggio si muovesse in quel contesto, alla continua ricerca di un proprio senso di appartenenza. Di quell’esperienza custodisco il ricordo della mia prima volta alle prese con il trucco prostetico.

Andrea Verticchio
Belcanto, Andrea Verticchio

«La violenza, in tutte le sue forme, è un tema che ci riguarda tutti, anche se a volte non la riconosciamo nei suoi molteplici aspetti»

Cosa ti ha spinto ad accettare la parte in ANIMA E CORPO, uno spettacolo che affronta il tema della violenza? Ti è mai capitato di viverla in prima persona? In Italia, pensi che ci sia bisogno di promuovere una educazione verso il rispetto? 

ANIMA E CORPO è stata un’occasione per raccontare un tema tanto delicato quanto potente come la violenza. Ho trovato il progetto interessante fin da subito, consapevole che il teatro può essere uno strumento molto forte per sensibilizzare e per portare alla luce argomenti spesso ignorati o sottovalutati. La violenza, in tutte le sue forme, è un tema che ci riguarda tutti, anche se a volte non la riconosciamo nei suoi molteplici aspetti. Credo che ognuno di noi possa aver vissuto situazioni che, purtroppo, sono forme di violenza: quella psicologica, ad esempio, è una forma subdola e difficile da riconoscere subito.

In Italia, c’è sicuramente bisogno di promuovere un’educazione al rispetto e alla consapevolezza, soprattutto a livello sentimentale. È fondamentale insegnare fin da giovani che una relazione sana si basa sul rispetto reciproco, sulla comunicazione e sulla comprensione dell’altro.

Quali emozioni hai voluto trasferire al tuo personaggio di Belcanto? Nel film si parla di sogni e di una partenza. Qual è il tuo più grande sogno? Hai mai intrapreso invece un viaggio che ti ha cambiato? 

Quando ho letto il copione di Belcanto, sono stato subito colpito dalla sensibilità del personaggio. Mi ha trasmesso un forte senso di dolcezza e speranza, ma anche la vulnerabilità di chi si trova ad affrontare l’incertezza e le difficoltà della vita. Il personaggio ha un grande talento per la musica e per il canto, ma nel suo viaggio alla scalata del successo antepone una sua personale ricerca di autenticità e libertà. Ho cercato di aprirmi al personaggio donandogli una grande dose di fragilità, che non ha niente a che fare con la debolezza, perché penso che la forza più grande di una persona venga proprio dalla sua capacità di mostrarsi vulnerabile.

Riguardo ai viaggi che mi hanno cambiato, ne ricordo uno a Cuzco, quando avevo 8 anni: mio padre per molto tempo ha lavorato per l’ambasciata peruviana, e oltre a visitarne i posti circostanti è stata un’occasione per averlo vicino. Vivere quella realtà, però, dove palazzi sfarzosi fronteggiavano fogne a cielo aperto, da un lato mi ha insegnato a valorizzare ciò che spesso diamo per scontato, e allo stesso tempo mi ha reso più consapevole della resilienza e della bellezza che può esistere anche nelle situazioni più difficili. Il mio più grande sogno invece è riuscire a portare storie che possano realmente toccare il cuore delle persone, perché alla fine è tutto quello che ci rimane: la bellezza di una storia che ci cambia, ci fa riflettere e ci fa crescere.

Andrea Verticchio
Belcanto, Andrea Verticchio

«Ho sempre avuto una forte attrazione per il soprannaturale e per tutto ciò che riguarda il confine tra realtà e immaginazione»

Quali sono gli attori e/o attrici che hanno segnato maggiormente il tuo percorso di attore? Parlando invece di regia, da chi ti piacerebbe essere diretto un giorno? 

Impossibile non citare Meryl Streep e Robin Williams, che da sempre mi hanno affascinato per la loro capacità di trasformarsi completamente nei personaggi che interpretano. Per quanto riguarda la regia, uno dei registi con cui sogno di lavorare un giorno è Tim Burton: la sua visione unica e il suo approccio al cinema, che mescola il fantastico e il gotico con una sensibilità incredibile, sono qualcosa che ammiro profondamente.

Esiste un personaggio al quale senti di essere legato ancora oggi? C’è invece un ruolo che ti piacerebbe interpretare, portandolo sul grande schermo oppure in teatro? 

Ad oggi, Saverio è il personaggio che mi ha fatto crescere più di tutti, sia da un punto di vista artistico che emotivo. Il mio legame con lui persiste tutt’ora e la sua lotta per essere se stesso in un contesto tanto difficile mi ha spinto a riflettere su quanto sia importante, nella vita, essere vulnerabili per trovare la propria forza. Spero di essere riuscito a restituire a Saverio tutta quella complessità che lo rende semplicemente umano. Spero un giorno di avere la possibilità di interpretare un personaggio in un contesto fantasy, che sia un mago, un supereroe o una qualche strana creatura. Ho sempre avuto una forte attrazione per il soprannaturale e per tutto ciò che riguarda il confine tra realtà e immaginazione.

Andrea Verticchio
Belcanto, Andrea Verticchio e Caterina Ferioli

«Fragili è una serie che racconta la strana convivenza tra un gruppo di anziani di una casa di riposo e dei ragazzi provenienti da una casa famiglia»

Puoi parlarci di un tuo prossimo progetto in uscita?

Il mio prossimo progetto in uscita è la seconda stagione di Fragili, una miniserie Mediaset in cui interpreto il ruolo di Edoardo. È un personaggio che mi ha subito coinvolto per la sua complessità e per il suo percorso di crescita emotiva. Fragili è una serie che racconta la strana convivenza tra un gruppo di anziani di una casa di riposo e dei ragazzi provenienti da una casa famiglia: in questo contesto Edoardo si trova a dover affrontare sfide molto intime, sia sul piano personale che relazionale. È stato un lavoro stimolante, che mi ha dato l’opportunità di confrontarmi con temi molto attuali.