Se da un lato i big brand hanno abbandonato la fashion week uomo per presentarle insieme le collezioni donna a febbraio, a parte i pochi casi come Prada, Dolce&Gabbana, Giorgio Armani e Zegna, dall’altro si è incrementata la presenza, tra show e presentazioni, dei marchi indipendenti e di ricerca. Il calendario si è animato con un programma molto eterogeneo con nomi più o meno noti e qualche colpo di scena.
Soft tailoring e twist artistico: Dhruv Kapoor, Qasimi, Pierre-Louis Mascia
Sempre più centrata e coerente la moda di Dhruv Kapoor che per questa stagione ha celebrato il ricco patrimonio sartoriale indiano con una visione audace e innovativa. Unendo l’opulenza del massimalismo alla purezza del minimalismo, la collezione esplora temi profondi come l’evoluzione culturale, il benessere emotivo e la fusione armoniosa tra antiche tradizioni e design contemporaneo. Le iconiche drappeggiature e l’abbigliamento quotidiano dell’India vengono reinventati attraverso un’estetica moderna, dove forma e funzionalità si incontrano in soluzioni inaspettate. Ispirandosi all’eclettico street style delle zone rurali indiane, la collezione reinterpreta con audacia elementi simbolici, come il sari e i pantaloni dhoti, presentandoli in chiave fresca e innovativa. Una palette cromatica vibrante e ricca di sfumature incarna il perfetto equilibrio tra energia e praticità. Tonalità decise come il brillante smeraldo, il blu elettrico e la lavanda profonda si fondono armoniosamente con nuance più calde e terrose, tra cui il verde henna, i marroni avvolgenti e i grigi delicati. Questi colori prendono vita su tessuti esclusivi, tra cui cotoni elegantemente texturizzati, nylon ultra-resistenti, lane cotte, denim impreziositi da ricami, tessuti sartoriali strutturati e pile soffici e avvolgenti, declinati in una varietà di finiture e lavorazioni. Il perfetto equilibrio tra antiche tradizioni (applicate su stampe floreali, ricami), cultura locale e una visione estetica contemporanea.
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Il senso del colore caratterizza PIERRE-LOUIS MASCIA, maison conosciuta per le sue stampe esuberanti dove si intrecciano motivi diversi, frutto della collaborazione con Achille Pinto, laboratorio di stampa tessile attivo a Como dal 1933. Questa stagione, il designer introduce venti nuove stampe originali, di cui una dozzina dedicate al ready-to-wear. I motivi vengono mischiati, dipinti, ridisegnati, composti e ricomposti, trasformati in un sottile intreccio di tecniche analogiche e digitali. Qui incontriamo echi dei malinconici ritratti di Julia Margaret Cameron, dei disegni preraffaeliti dell’artista dandy Aubrey Beardsley, che simboleggiano la decadenza del fin de siècle, e frammenti malinconici di Bright Star. Fedele alla sua firma stilistica, la maison si muove tra leggerezza e movimento, sartoria fluida ed eleganza casual. Le silhouette sono avvolte in bomber, lunghi cappotti foderati in seta, abiti fluttuanti ed eterei, scialli e stole protettive. I pantaloni morbidi sono abbinati a kimoni di velluto e giacche trapuntate.
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Sempre all’insegna dell’arte QASIMI che punta sulla collaborazione con l’artista di origini māori Emily Karaka che approfondisce, attraverso le sue opere, la storia e la cultura di questo popolo, oltre a esplorare temi quali le dispute territoriali e l’oppressione politica. Su tele enormi, la resilienza del popolo māori è messa a nudo in un’esplosione cacofonica di colori, mentre le pennellate si mescolano a lettering, proverbi, canzoni e racconti che si tramandano da secoli. Il lavoro di Emily Karaka ispira l’intera collezione ed esplode in una serie di signature look che riflettono al meglio il DNA del brand. Camicie genderless e pantaloni ampi, che rimandano alle silhouette mediorientali e nordafricane, vengono mixati a giacche a vento boxy e felpe con cappuccio decisamente più casual. Una collezione ricca anche di outfit modulari oltre che di capi trasformabili.
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Casualwear, utility wear, upcycling: Federico Cina, Mordecai, Noskra, Grossi e Simon Cracker
Anche per questa stagione Federico Cina ci trasporta nel suo mondo tramite una performance ospitata da Fondazione Sozzani, che prende vita attraverso una serie di “quadri” in cui modelli e modelle interpretano routine di movimento ispirate ai ricordi più indelebili. Ogni gesto, ogni movimento è un’eco dei momenti vissuti insieme, delle abitudini quotidiane che hanno segnano l’infanzia e che ancora oggi ne influenzano il presente. Ogni gesto, seppur semplice, diventa un atto carico di emozione, una rappresentazione di ciò che Federico porta con sé, giorno dopo giorno, senza accorgersene. Assunta e Giacomo è un viaggio emotivo che si fa strada attraverso il ricordo di due persone molto care al designer, i suoi nonni. La collezione si ispira a quelli che sono i capi di uso quotidiano di Assunta e Giacomo: abiti e intimo da casa, abiti da lavoro e capi per le occasioni importanti. La narrazione si concretizza in una performance che traduce la memoria in movimento, rendendo tangibile l’impronta che i nonni hanno lasciato. Il set design, si ispira alla casa stessa di Assunta e Giacomo, viene ripensato in spazi evocativi in cui le azioni prendono vita e si intrecciano.
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Noskra vuole incarnare l’essenza della moda urbana contemporanea ma in comunione con la natura, dove l’innovazione e la tradizione sartoriale si fondono in capi funzionali. La collezione DNA, fedele alla filosofia del brand, è pensata per chi vive la città, chi si sposta al di fuori di ambienti caotici, chi lavora e non vuole rinunciare allo stile. Ogni pezzo è progettato per rispondere alle esigenze di un moderno “nomade urbano e non”, con attenzione particolare alla funzionalità, praticità e comfort. I capi sono studiati per offrire libertà di movimento, performance ed eleganza: giacche oversize, pantaloni multitasking che si adattano alla vita quotidiana, senza mai perdere l’eleganza streetwear del brand. Noskra utilizza materiali innovativi come tessuti traspiranti e antivento, passando per capi in maglieria con filati sostenibili di prima qualità, combinati con design pensati per l’utilizzo urbano quotidiano.
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Sempre nel segno della performance è la nuova collezione di Mordecai, che invita a riflettere sulla nostra capacità di affrontare le sfide con leggerezza e apertura mentale, superando le difficoltà e aprendoci alle diverse prospettive. The Intelligence of Others è il tema sviluppato da Ludovico Bruno, Direttore Creativo del brand, che sottolinea l’importanza di ascoltare e accogliere le opinioni altrui; un’apertura mentale, motore di evoluzione che si riflette in un guardaroba funzionale e versatile. Nasce un guardaroba outdoor con piumini, giacche in nylon e cotone, e capi in canvas per offrire un mix di funzionalità e comfort dove la modularità è un elemento chiave: ogni capo può essere indossato in modi diversi, adattandosi alle diverse esigenze e occasioni.
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Nel segno della resilienza e contestazione a un sistema che sta per implodere è lo show di SIMON CRACKER, brand dietro cui sono Simone Botte e Filippo Biraghi, che hanno fatto dell’ironia e upcycling i loro punti di forza. Come scrivono i due creativi: «Soldi, soldi, soldi solo a parole, sempre ricchezza solo per finta, like su Instagram, ‘Adoro quello che fate’… E poi? Lo scollamento tra il percepito e la realtà è diventato incolmabile: quel poco che è rimasto della moda vive in una bolla che nulla ha a che fare con la vita vera, i vestiti (siano essi fast fashion o lusso) non interessano più a nessuno. Dal fatto di fare una fatica felicemente epica nel tenere vivo il nostro brand nasce il pensiero de ‘le perle ai porci’ e la sua traduzione estetica è stata inevitabilmente LA RICCHEZZA. Considerando che Il 10% più ricco della popolazione globale possiede il 76% di tutta la ricchezza del mondo, c’è EVIDENTEMENTE qualcosa che non sta funzionando». Il brand sperimenta customizzando deadstock (vedi le Dr. Martens) e tramite l’utilizzo di tecniche come le diverse tinture e il patchwork tenuti insieme da fascette industriali. Un casting tutto di persone reali che si trasformano in personaggi ed eroi inarrivabili che giocano con se stessi. Moschino docet.
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Last but not least un nuovo guardaroba di streetwear denim con la prima collezione di Grossi che vuole sovvertire i codici dell’abbigliamento maschile, mettendo al centro una rivisitazione del denim. Andrea Grossi, emiliano classe 1996, si diploma al Polimoda di Firenze nel 2019. Prosegue la sua formazione nell’ufficio stile denim in Diesel, sotto la direzione creativa di Glenn Martens. Finalista al Festival di Hyères 2020 presenta la sua seconda collezione fondando la sua estetica sulla sperimentazione tessile e sull’indagine delle silhouette dell’abbigliamento maschile. Al centro dell’evento, l’installazione video The Casting curata dal regista Filippo Savoia che trasforma un casting metaforico in un’esperienza immersiva dove i protagonisti mettono in scena audizioni libere, sospesi tra il desiderio di trasformazione e l’imbarazzo di essere osservati. Al centro della collezione è il jeans, simbolo per eccellenza della cultura popolare, che viene destrutturato, ricostruito fino a trasformarsi diventando capi in felpa o persino intimo. Le stampe “Emilia Paranoia”, realizzate in collaborazione con l’artista Nic Paranoia, celebrano le comuni origini emiliane attraverso un’ironica rappresentazione della stazione Mediopadana di Reggio Emilia. Ispirate al brano “Emilia Paranoica” dei CCCP, raccontano la poetica banalità della provincia, un luogo dove mondi apparentemente inconciliabili trovano un equilibrio unico.
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